Domenica 26 Gennaio 2025
ALBERTO MATTIOLI
Magazine

Torna Salieri, principe dei mediocri: il santo perdente che ci consola

A Milano l’“Amadeus” di Shaffer e a Verona il Falstaff dell’eterno soccombente, all’ombra di Mozart

Ferdinando Bruni-Salieri nell’Amadeus in scena a Milano, all’Elfo

Ferdinando Bruni-Salieri nell’Amadeus in scena a Milano, all’Elfo

Milano, 25 gennaio 2025 – “Sono il santo protettore dei mediocri”, dice Ferdinando Bruni-Antonio Salieri in Amadeus di Peter Shaffer, in scena in questi giorni all’Elfo di Milano. E intanto l’Arena di Verona apre la sua stagione invernale al Filarmonico con Falstaff, non quello di Verdi ma, appunto, di Salieri, del resto “enfant du pays” o quasi perché nato nel 1750 da quelle parti, a Legnago, fortezza nel famoso poker del Quadrilatero, quella meno combattuta (tutti gli assedi e le battaglie famose a Peschiera, Mantova e Verona, a Legnago mai niente).

C’entra l’anniversario, i due secoli dalla morte nel 1825, ma forse per Salieri è il momento di tornare in scena. E tuttavia resiste nei secoli infedele la calunnia che lo perseguita, quel persistente venticello che lo accusa di aver avvelenato Mozart. A Vienna, la città più pettegola del mondo, se ne parlava molto, e se ne trovano tracce perfino nei quaderni di conversazione di Beethoven che, peraltro, di Salieri era stato allievo e lo ammirava, tanto da scrivere delle variazioni su "La stessa, la stessissima”, un duetto proprio di Falstaff. La chiacchiera diventò letteratura con Puskin; da lì l’operina di Rimskij-Korsakov, per inciso deliziosa, poi la commedia di Shaffer e il film di Milos Forman con Tom Hulce come Amadeus ridens, un grandissimo Murray Abraham, otto Oscar e il povero Salieri bollato per sempre come ammazza Mozart.

Salieri, ovvio, non ha mai ucciso nessuno (che si sappia, almeno: il mondo dell’opera, già allora, era molto competitivo e di pochi scrupoli). Non lo fa nemmeno nella commedia, dove l’autoaccusa di aver portato Mozart alla morte è il metodo che il vecchio Salieri escogita per non essere dimenticato dai posteri, com’era successo con la sua musica. Una fama al contrario: come Erostrato che distrusse il tempio di Artemide di Efeso, una delle sette meraviglie del mondo antico, soltanto per passare alla storia. Come sistema per ottenere il proprio quarto d’ora di notorietà è un po’ drastico; vero che all’epoca non c’erano i social e Salieri non avrebbe potuto sfogare lì la sua invidia e il suo livore, come contro una qualche senatrice Segre.

Ma la commedia di Shaffer è molto raffinata perché il "cattivo” Salieri è, in realtà, l’uomo retto, onesto, timorato di Dio, insomma ben più “perbene” di quell’erotomane sporcaccione di Mozart (per inciso: Shaffer scriveva nel 1979, nella fase storica in cui Amadeus non era più il “divino fanciullo” delle nostre nonne ma era diventato un impudente scorreggione, prima di assurgere all’attuale considerazione come intellettuale illuminista. Anche se per la maggior parte degli italiani, temo, si tratta soprattutto dell’ex bravo conduttore di Sanremo). Purtroppo, però, il genio se ne infischia di buona educazione, gusti sessuali, pulizia: è un Dio capriccioso che benefica chi meno lo merita. Bruni è bravissimo a raccontare la distruzione psicologica di un uomo, ma tenete d’occhio il giovane Daniele Fedeli, il cui Mozart fa capire che oltre la coprolalia c’è di più.

Resta il fatto che Salieri è condannato a giocare per sempre questo derby eternamente perso, come si è verificato a Verona. Falstaff è un’opera buffa divertente, magari nel 1799 già un po’ rétro, che è stata ben diretta da Francesco Ommassini, messa in scena bene da Paolo Valerio e benissimo cantata da un’ottima compagnia. Parrebbe la rivincita del numero due e del resto i salierologi di provata fede ci provano, a convincerci che il confronto con Mozart è ingiusto. Ma è inevitabile. Infatti esci sul Listòn e, com’è successo a me con la sovrintendente Cecilia Gasdia, ti metti a cantare Le nozze di Figaro: bastano tre battute di Mozart per dimenticare tre ore di Salieri, il cui capolavoro sfiorato, in ogni caso, non è italiano e buffo ma francese e tragico, Les Danaïdes nel 1784 a Parigi.

Rossini diceva che Mozart era stato l’ammirazione della sua gioventù, la disperazione dell’età matura e la consolazione della vecchiaia. Per noialtri mediocri, consolatorio è semmai Salieri. Avremmo tanto voluto essere Mozart, o Maradona, o Montanelli, o Bill Gates, a seconda di inclinazioni e ambizioni personali. Quando è stato chiaro che non ce l’avremmo fatta, abbiamo preso atto della nostra irreversibile non genialità e, tutto sommato, l’abbiamo accettata. E senza che ci facesse uccidere nessuno (finora, almeno).