Domenica 29 Settembre 2024
MATTEO MASSI
Magazine

Il romanzo criminale d'America

Cent'anni di criminalità a New York raccontati dai protagonisti. L'ultimo libro di Simone Sarasso "Da dove vengo io" è l'inizio di una saga di nove volumi che punta a diventare il "Game of Thrones" della mafia americana. Lo scrittore: "Voglio fare quello che James Ellroy ha fatto per Los Angeles. Raccontare la criminalità a New York".

Mafia americana

Mafia americana

Bologna, 14 giugno 2016 – Un secolo di criminalità. Tutt'altro che comune. L'impresa letteraria di Simone Sarasso è mastodontica. Una saga. Nove libri per raccontare cent'anni di criminalità a New York. “E' il Game of Thrones della mafia americana”, si legge nella quarta di copertina. E in effetti il primo volume “Da dove vengo io” (Marsilio editore, 610 pagine, 19,50 euro) scorre via come una manciata di episodi di una serie tv, da cui non si stacca lo sguardo nemmeno per un L'autore del libro Simone Sarassosecondo, anche se ormai è l'alba. Salvatore il Cervello, Frank il pistolero, Meyer il Giocatore, Bugsy il Matto. Ci sono tutti e quattro i boss del secolo breve americano e non è difficile scovarli già dalle prime pagine del libro: Lucky Luciano, Frank Costello, Meyer Lansky e Bugsy Siegel. I quattro che vollero farsi re.

Personaggi fortemente caratterizzati i suoi: immigrati negli Usa e ossessionati dal riscatto sociale. Non si rischia l'apologia o di istigare un effetto emulazione, tanto per restare in tema con le polemiche quotidiane sulla serie tv Gomorra?

“No. E' evidente che il lato oscuro è sempre più attraente. L'esempio che porto sempre è quello di Star Wars. Dart Fener si veste meglio ed è più pericoloso. E' un eroe tragico. Far finta che il male non esiste per non raccontarlo è limitare l'espressione narrativa”.

Rischiando di evitare, tra l'altro, di leggere buona parte della letteratura noir.

“Penso a Don Wislow o James Ellroy, due miti per me. O anche i primi horror che pensavano che fossero diseducativi. E' invece la cara e vecchia catarsi”.

Da tragedia greca.

“Appunto. E' proprio la catarsi che ci permette di vedere il peggio”.

Opera mastodontica, nove libri, ma come le è venuto in mente?

“Mi sono fatto prendere un po' la mano. I quattro criminali che vollero farsi re, da Lucky Luciano a Bugsy Siegel, l'hanno un po' tutti cercati di raccontare. Ma la mia ambizione era quella di provare a raccontare il tutto in maniera organica, incrociando le loro storie e le loro vite criminali. Il 99% di quello che racconto è successo realmente, l'1% è romanzato ed è la ragione per cui faccio questo mestiere e di conseguenza perché scrivo”.

Ma sarà pure partito da un punto.

“Da Ellroy. Volevo provare a fare qualcosa su New York proprio come lui ha fatto sulla criminalità a Los Angeles”.

Progetto bello ambizioso.

“Fortunatamente ho trovato un editore (Marsilio, ndr) che ci ha creduto. Raccontare cent'anni dal 1901 al 2001 era fondamentale per capire come è nata quella criminalità lì, quella del secolo breve, che poi, dopo il crollo delle Torri Gemelle, avrebbe cambiato completamente faccia. Tra l'altro l'evoluzione criminale dei quattro si vede già anche nel primo libro”.

Quello che colpisce di questo lavoro che si colloca in quella verosimiglianza narrativa è la minuziosa descrizione degli eventi. Da quali fonti ha attinto?

“Non c'erano molti libri sui quattro. La scintilla vera è scoppiata quando ho visto un documentario che raccontava come era nata la saga del Padrino. Poi ho letto molti libri e ho visto molti film. Sul personaggio di Lucky Luciano mi ha aiutato molto il volume scritto da Mauro De Mauro”.

E il film di Francesco Rosi, con Gian Maria Volonté, l'ha visto?

“Nì. Certo che l'ho visto ma non volevo farmi troppo influenzare”.

Comunque leggendo il suo libro, sembra di stare davanti a un film o, per restare al passo coi tempi, di una serie tv. Dialoghi serratissimi con uno slang che entra in fretta nella testa del lettore.

“Vengo da quel mondo lì, è evidente che mi interessano più i dialoghi che raccontare i paesaggi”.

Il libro di SarassoE poi l'intercalare: c'è una frase che fa ripetere spesso ai suoi personaggi: “Che te lo dico a fare”.

“Lo sa dove arriva? E' la traduzione precisa di 'Forget about it' che arriva direttamente da Donnie Brasco. Volevo dare l'idea di come i miei personaggi una volta arrivati in America, provassero davvero a sentirsi americani, a iniziare dal linguaggio che hanno imparato in strada e che poi in un magico impasto dialettale è diventato un po' lo slang criminale, il linguaggio del malaffare, degli italiani diventati boss in America”.

Il primo libro è uscito da poco, come procede la saga?

“Ho già consegnato il secondo all'editore e sto già scrivendo il terzo”.