La leggenda è nata quasi per caso legata alla canzone più eseguita di ogni tempo, “A Garota de Ipanema” diventata per l’occasione “The Girl from Ipanema”, e tale rimarrà per sempre anche ora che Astrud Gilberto, sofisticata voce brasiliana del jazz-samba, se n’è andata all’età di 83 anni. La notizia l’ha data la nipote Linda Sofia: “Adesso la nonna è in cielo accanto a nonno Joao così possono cantarmi assieme il brano che Astrud ha scritto per me poco prima di morire e che si intitola con il mio nome. Ma lei mi ha sempre detto che Linda in questo caso vuole dire proprio bella”.
Nonno Joao Gilberto, primo marito dell’artista che ne ha sempre usato il cognome, l’ha preceduta di qualche anno (è morto il 6 luglio 2019 a 88): la loro storia, nata nel 1958, fu un colpo di fulmine anche se durò poco (sposatisi nel 1959 si sono divisi nel 1964): il tempo necessario perché nascesse Marcelo e perché la bossa nova diventasse, grazie alla chitarra di lui e alla voce di lei, la musica più eseguita negli Stati Uniti. Poi Joao scappò con Miucha, la sorella di Chico Buarque, e Astrud con Stan Getz, il geniale sassofonista che adorava le linee melodiche brasiliane e con il quale i coniugi hanno registrato un disco iconico, “Getz-Gilberto”, che a lei è valso un Grammy come migliore interprete.
E’ in questo disco che sessant’anni fa venne registrata la traccia in inglese di “A Garota de Ipanema”: Astrud sarà per sempre la voce inimitabile di quella versione che ha fatto il giro del mondo e che ha sdoganato una volta per tutte la bossa nova, non più simbolo della bohémia carioca, ma della rivoluzione sentimentale degli anni Sessanta.
La nascita del long playing è anch’essa una leggenda, che Ruy Castro ci racconta nel suo imprescindibile “Chega de Saudade: la storia e le storie della bossa nova”: in sala di registrazione con Creed Taylor, il produttore, c’erano Stan, Joao, Astrud e l’autore della musica, Antonio Carlos Jobim. I versi immortali di Vinicius de Moraes, che avevano fatto innamorare nel 1962 il Brasile, vennero affidati per la traduzione a Norman Gimbel. I tre musicisti entrarono in studio il 18 marzo 1963, e il 19, a tempo di record, le otto tracce erano sul nastro. Con la sorpresa di Astrud, che a New York doveva essere solo la traduttrice per il marito – sapeva l’inglese e il tedesco viste le sue origini europee: da nubile si chiamava Weinert, ma era nata comunque a Salvador de Bahia, lo stesso Stato di lui che era di Juazeiro – ma sognava di diventare una professionista. Astrud e Joao si erano esibiti assieme due anni prima, nell’Aula magna della facoltà di architettura a Rio de Janeiro: non fu un concerto memorabile e quindi i sogni di gloria di Astrud sembravano solo destinati a serate amatoriali. Ma quel giorno nello studio di Taylor a New York successe il miracolo. Il produttore decise di affiancare la versione portoghese di “A Garota de Ipanema” cantata da Joao a quella inglese di Astrud, la cui voce sembrava suonare particolarmente bene nell’idioma di Shakespeare. Il brano venne fuori molto lungo: 5 minuti e 15 secondi, ma convinse Taylor che per lanciare il 45 giri scelse come lato b “Corcovado”, anche in questo caso nelle due versioni: 4 minuti e 15 secondi di vera magia. Ma la sorpresa più grande venne quando alla fine di quel 1963 apparve l’intero long playing: la parte in portoghese di Joao fu tagliata, rimase solo quella che diventò definitivamente “The Girl from Ipanema” di Astrud, 3 minuti e 55 secondi che sconvolsero il mondo. In pochi giorni vennero vendute due milioni di copie e in tre anni il successo fu planetario con tournée in giro per il mondo. Ma senza Joao che se ne era tornato a Rio e aveva rincontrato l’amica d’infanzia Miucha Buarque de Hollanda. Astrud invece divenne l’ambasciatrice della bossa in America duettando da lì a poco con i nomi più prestigiosi, da Frank Sinatra a Nat King Cole ad Aretha Franklin e tante altre star.
Difficile replicare tale successo, ma Astrud è riuscita durante la sua carriera a realizzare negli Usa altri dischi notevoli sfruttando la sua capacità di trasformare brani brasiliani in standard jazz di buon gusto, pur privi della “batida” che Joao sapeva imporre sulla chitarra, quella sì ancora senza eredi. Parola di Caetano Veloso.