Giovedì 26 Settembre 2024
GIORGIA MESSA
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Raccontare i partigiani: "Riscoprire la Resistenza per le nuove generazioni"

Eva Giovannini e la graphic novel dedicata al livornese Lanciotto Gherardi "Operaio antifascista, morì l’ultimo giorno di guerra, ucciso da fuoco amico".

Raccontare i partigiani: "Riscoprire la Resistenza per le nuove generazioni"

L’ultimo partigiano disegnato da. Tommaso Eppesteingher. A lato, Lanciotto Gherardi

"Viviamo un’epoca in cui dobbiamo riscoprire il valore della parola Resistenza. La resilienza, se è mai bastata, ora non basta più". A ottant’anni dalla liberazione di Livorno dai nazifascisti, la giornalista e conduttrice Rai livornese Eva Giovannini raccoglie l’eredità di Lanciotto Gherardi e spiega perché, oggi, ricordare è un dovere. L’ultimo partigiano è la graphic novel pubblicata per Paese edizioni, il 19 luglio 2024 – anniversario della morte di Gherardi – con illustrazioni di Tommaso Eppesteingher e una testimonianza originale di Corrado Augias.

"Questa storia nasce in due atti – spiega Giovannini – Da un lato ci sono le vicende di Lanciotto il partigiano, note a tutte le cronache della resistenza toscana. Antifascista militante livornese, ucciso il 19 luglio 1944, proprio nel giorno della liberazione della sua città, per giunta per fuoco amico. Poi, c’è il lato mai narrato della vita privata di Lanciotto. Era una persona dalle inclinazioni anarchiche, cresciuta politicamente nelle file del Pci, ex operaio Fiat che organizzava riunioni sovversive all’interno delle officine. Ma era anche il padre di un ragazzo di nome Alfredo (nel ‘44 appena diciottenne), che ho avuto la fortuna di conoscere e intervistare prima che morisse. Ho raccolto così episodi storici ma anche aneddoti personali divertenti, conditi dall’ironia scanzonata tipica di certi toscani".

Perché la scelta di una graphic novel?

"Come dice Augias, che ringrazio per il prezioso contributo, il fumetto è uno strumento formidabile per raccontare quell’epoca. Bisogna togliere queste persone dalle polverose teche del ricordo e farle rivivere a colori così che possano essere lette e immaginate anche dai ragazzi di oggi".

Augias definisce i partigiani come la ‘meglio gioventù’ di allora. Ci sono ancora forme analoghe di passione e dedizione a un ideale?

"Premesso che quella storia è resa unica dalle circostanze che l’hanno prodotta, oggi ci sono nuove forme di resistenza. Quando scrivevo di Lanciotto e del suo distaccamento che liberò Livorno metro per metro, mi venivano in mente i ragazzi in Ucraina che cercano di fare lo stesso con il loro territorio, a costo della vita. Poi, sebbene a un livello di militanza ben diverso, ci sono i molti giovani che si battono per l’ambiente o per la difesa dei nostri diritti civili. Pensiamo ai brutali attacchi alla comunità omosessuale a cui abbiamo assistito questa estate o al giornalista torinese che è stato picchiato selvaggiamente da gruppi autodichiaratisi neofascisti. Viviamo un’epoca in cui dobbiamo riscoprire il valore e la potenza della parola Resistenza. La resilienza, se è mai bastata, adesso non basta più".

"L’eredità morale" consegnataci dai partigiani, di cui ha parlato Mattarella nei giorni scorsi, è a rischio? Perché si fatica a trovare una lettura comune del 25 aprile?

"Questo libro nasce proprio da un sentimento di forte sgomento che provai alcuni fa, durante un servizio che feci per Ballarò. Fui mandata a Livorno e a Roma, a chiedere ai ragazzi che cosa ne pensassero del 25 aprile. La maggior parte di loro non conosceva il significato di questa ricorrenza. Qui siamo ben oltre la diatriba ideologica, che già sarebbe grave, siamo proprio nell’oblio. Allora mi sono domandata che fine abbia fatto questa “eredità morale“. È a scuola che non viene insegnata? È a casa che si dà per scontata? È in televisione o nei fumetti che non viene narrata? Credo che tutti abbiamo un pezzetto di responsabilità. La memoria è un ricordo reso bene collettivo; come tale è un dovere. Serve a crearci gli anticorpi per far fronte alle nuove minacce".

Storia maestra di vita. Eppure, guardandoci intorno…

"È vero, studiare la storia a volte non è sufficiente ma è necessario. Ci aiuta a riconoscere i paradigmi del nuovo fascismo. E non mi riferisco solo alle estreme destre ma a tutte le forme di limitazione delle libertà che possono avere facce diversissime, tavolta apparentemente innocue, come diceva meglio di me Umberto Eco nel suo libro Il fascismo eterno".