di Beatrice Bertuccioli
Come da pronostico ha vinto lui, il favorito della 76ª edizione del Premio Strega. Perché Mario Desiati con il suo Spatriati (Einaudi) aveva già conquistato la prima posizione tra i libri finalisti, ribadita ieri sera con 166 voti. Secondo classificato, Mario Piersanti con Quel maledetto Vronskij (Rizzoli), con 90. Anche se fino all’ultimo non si sa mai come decidono di votare i 400 Amici della Domenica e i 30 Istituti Italiani di Cultura all’estero quando hanno a disposizione non più tre, ma soltanto un voto.
Mario Desiati: "La svolta inaspettata del mio 'Spatriati' che diventerà una serie tv"
Chissà, poteva magari esserci qualche rimonta a sorpresa tra i finalisti, quest’anno eccezionalmente e per la prima volta in assoluto nella storia del Premio, non cinque ma sette. Con al terzo posto Alessandra Carati, quarta Veronica Raimo con con Niente di vero (Einaudi), poi Marco Amerighi con Randagi (Bollati Boringhieri), al quinto Fabio Bacà con Nova (Adelphi), sesta Veronica Galletta con Nina sull’argine (Minimum Fax).
E quindi ieri sera – a sorpresa dopo tanti anni sotto la pioggia – tutti a seguire trepidanti lo spoglio delle schede nel tradizionale scenario del Ninfeo del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, cerimonia trasmessa dalle 23 in diretta da Raitre e condotta da Geppi Cucciari, sempre brillante e spiritosa. A Emanuele Trevi, vincitore dello scorso anno, il compito di presiedere lo spoglio e annunciare il trionfatore dell’edizione 2022, non ancora tornata ai fasti letterario-mondani dell’epoca pre Covid, con circa 500 invitati rispetto ai 1200 di un tempo.
Il romanzo di Desiati, autore già finalista allo Strega 11 anni fa con Ternitti, parla di due giovani, Claudia e Francesco, e del loro rapporto nell’arco di molti anni, da metà degli anni Novanta a oggi, dal loro paese, in Puglia, Martina Franca, a Berlino. Un percorso analogo a quello compiuto dallo scrittore quarantacinquenne, di Martina Franca, che spiega così il significato di ‘spatriati’, un termine del dialetto pugliese: "Sono gli irregolari, i balordi, i diversi. Non indica solo coloro che si sono allontanati dalla propria patria, ma anche chi è fuori dalle convenzioni. A 15 anni mi dicevano che ero uno spatriato perché mi vestivo e parlavo in modo diverso dagli altri". E aggiunge: "Claudia va via dal paese perché si sente soffocare, ma si può essere ‘spatriati’ anche rimanendo sempre nel proprio paese. Ne ho conosciuti tanti e sono stati i miei maestri di vita".
Einaudi aveva anche un altro autore in finale, Veronica Raimo con Niente di vero, romanzo di formazione di una giovane donna, ritratto ironico di una famiglia italiana come tante, che si era già aggiudicato lo Strega Giovani e che ieri ha avuto anche lo Strega Off assegnato dal pubblico. Per questo si riteneva che la casa editrice torinese puntasse su Desiati per riconquistare il premio, vinto l’ultima volta per lo Struzzo nel 2017 da Paolo Cognetti con Le otto montagne.
Se il romanzo di Piersanti parla di un uomo che per dare un senso all’improvvisa scomparsa della moglie immagina un tradimento romanzesco alla Anna Karenina, quello di Amerighi racconta di giovani, se non ‘spatriati’, comunque ‘randagi’, delusi ma non sconfitti. E in qualche modo ‘spatriata’ lo è anche la protagonista del romanzo di Veronica Galletta (presente solo in collegamento ieri sera perché positiva al Covid), Caterina detta Nina, ingegnere che per lavoro lascia la sua Sicilia ed emigra in un immaginario paese del nord. È invece una profuga bosniaca Aida, la protagonista di E poi saremo salvi, che ha 6 anni quando giunge in Italia, nel ’92, appena in tempo per sfuggire ai massacri. Aggettivo, ‘spatriato’, fluido e inclusivo perché, spiega Desiati "in dialetto la finale non si fa sentir e è quindi indistintamente maschile, femminile, plurale, insomma, non ha genere".