di Giovanni Bogani
È un gioco al massacro: dopo l’affaire Balocco, per Chiara Ferragni – sinora onnipresente, vincente, iconica – i guai sembrano non avere fine, con gli sponsor che si tirano indietro e gli investigatori che vogliono controllare che cosa sia realmente avvenuto. Una vera tempesta. Leggere i commenti sulla sua pagina Instagram è ora un’esperienza da cuori forti: si capisce che cosa intendono gli americani con l’espressione “shitstorm“. Lei, sui social, con il silenzio, il video di scuse, la lenta ripresa, sta probabilmente attuando una strategia per ricostruire la propria reputazione. Viene da pensare, con sgomento, a chi davvero – per la dignità perduta – non ce l’ha fatta.
Lee Sun-kyun, protagonista di Parasite, il film coreano vincitore di quattro Oscar nel 2019, suicida per onore a dicembre: il suo pubblico non gli perdonava di avere infranto la legge. L’attore era indagato per possesso di droga, che in Corea è reato grave. Assediato dalle televisioni, costretto a fare pubblica ammenda, si è tolto la vita.
Questo, oggi. Ma prima? Che cosa succedeva? C’erano, per esempio, a Hollywood, persone che si occupavano di coprire scandali incipienti o conclamati, di nascondere la polvere sotto il tappeto, di “ripulire“ l’immagine pubblica di registi e divi? I film Studios “sistemavano“ le gravidanze indesiderate, spingendo le attrici sotto contratto ad abortire o a dare in affidamento i propri figli. L’attrice Loretta Young partorì una bimba, Judy, frutto di una relazione segreta con Clark Gable. Gli Studios costrinsero l’attrice a nascondere l’esistenza della bimba, che finì in orfanotrofio. Per salvare le apparenze e riportarla a sé, Loretta Young “adottò“ la sua figlia naturale. La Young ha sempre mantenuto la versione “ufficiale“, anche dopo che la figlia aveva rivelato la verità, in un’autobiografia scritta nel 1994. Gli Studios avevano un rigido protocollo per le gravidanze indesiderate delle loro star. Finivano in ospedale sotto falso nome, l’aborto veniva praticato solo da medici di fiducia dello Studio, e le visite erano rigorosamente proibite.
La sessualità di Rock Hudson è un altro esempio eclatante di come i “brand“ – e in questo caso l’attore era un brand, per gli Studios – fossero beni da preservare a ogni costo. Hudson era omosessuale: ma per il pubblico, non poteva discostarsi dal suo personaggio, un eroe romantico da melodramma hollywoodiano. Addirittura alcune attrici ricordano di avere finto flirt con lui, per salvargli la reputazione. Claudia Cardinale ricordava momenti del genere, con simpatia. Quando, all’inizio degli anni Ottanta, gli fu diagnosticato l’Aids, anche la verità sulla sua omosessualità emerse. Hudson fu uno dei primissimi personaggi pubblici a morire di Aids.
E ancora, gli Studios intervennero sulla vita della “platinum blonde“ Jean Harlow. La Harlow aveva avuto una vita a dir poco tumultuosa: un matrimonio a quindici anni, un altro finito con la morte del marito, per un colpo "accidentale" di pistola: ma molti pensarono che lo avesse ucciso lei. Quando ebbe una relazione con un pugile sposato, fu obbligata a sposare un oscuro direttore della fotografia, solo per mettere a tacere il gossip. Pochi mesi dopo, a scandalo dimenticato, i due divorziarono. Successivamente, la Harlow rimase incinta dell’attore William Powell. Lo Studio non tollerava madri non sposate: e la costrinse ad abortire.
Ma la “copertura“ più eclatante riguardò il magnate della stampa William Randolph Hearst. Era il più grande editore di giornali del mondo, uno degli uomini più potenti d’America. E aveva un pessimo carattere. Non deve aver apprezzato il fatto che sua moglie, Marion Davies, avesse una relazione con Charlie Chaplin. Hearst invitò Chaplin nel suo yacht, insieme ad altri ospiti famosi. Fra loro, il produttore di western Thomas Ince. Il quale salì sullo yacht, e ne uscì cadavere. "Problemi digestivi", scrissero i giornali di Hearst. I rumors erano che, invece, Hearst avesse tentato di uccidere Chaplin, e avesse per sbaglio preso Ince. Ma il titolo del Los Angeles Times che diceva “Produttore ucciso sullo yacht di Hearst“ fu immediatamente tolto dal commercio, e sostituito con una nuova edizione. Il corpo di Ince fu cremato immediatamente.
Marilyn Monroe moriva il 5 agosto 1962 l’attrice più celebre al mondo. Una morte ancora avvolta nel mistero: morì per overdose, sì. Ma prese troppi farmaci per errore, si suicidò, o fu “suicidata“? Il suo ultimo uomo fu il più famoso: il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy. Con un sospetto sgradevolissimo: che JFK abbia “passato“ la sua amante, divenuta scomoda, al fratello Bob. Ci sono testimonianze di drammatiche telefonate fra l’attrice e Bob Kennedy poco prima della sua morte: e persino il sospetto che lo stesso Bob sia passato a casa dell’attrice a “ripulire“ quella che poteva essere anche la scena di un delitto.