Los Angeles, 15 febbraio 2019 - È bufera sugli Oscar. Perché? Perché quattro premiazioni saranno oscurate dagli spot pubblicitari. Nella cerimonia del 24 febbraio – uno degli eventi televisivamente più seguiti in tutto il mondo, ovviamente, anche se gli ultimi anni con qualche problema di calo di audience – quattro premiazioni avranno luogo durante la fascia pubblicitaria. E dunque, non le vedremo. Sono gli Oscar per la miglior fotografia, per il montaggio, per il trucco e per il miglior corto. È come se quattro canzoni di Sanremo venissero cantate durante la pubblicità. D’accordo, non sono il premio per il miglior attore, o il miglior film. Ma sono premi importantissimi. Fra le categorie tecniche, fotografia e montaggio sono cruciali. Spesso, grandi talenti italiani si sono trovati a vincerle: Vittorio Storaro, che di Oscar per la fotografia ne ha vinti tre; o Pietro Scalia, che ha vinto due Oscar per il montaggio. Per non parlare del talento di Alessandro Bertolazzi, premio Oscar due anni fa per il make up. Sarebbe stato frustrante rimanere svegli fino alle cinque di mattina, per esultare con loro, se al momento cruciale invece dei loro volti trionfanti fossero passate le immagini di qualche prodotto da pubblicizzare. Ma gli spot hanno delle ragioni che la ragione non conosce. C’è chi insorgerebbe. E i grandi del cinema mondiale sono insorti. Con una lettera aperta alla Academy, l’ente che ha creato e gestisce gli Oscar, alcuni dei più grandi registi del mondo definiscono questa decisione "un insulto". "È niente di meno che un insulto a chi, di noi, ha dedicato la sua vita e la sua passione a questo mestiere".
Chi firma la lettera aperta? Sembra la foto di classe del miglior cinema mondiale. Ci sono Martin Scorsese, Quentin Tarantino, Spike Lee. C’è uno dei registi in predicato di vincere l’Oscar quest’anno, Alfonso Cuarón, regista (e direttore della fotografia) di Roma, e c’è il suo rivale Yorgo Lanthimos, regista de La favorita. C’è il trionfatore dell’anno scorso, Guillermo Del Toro, regista de La forma dell’acqua, e c’è Alejandro González Iñárritu, Oscar per Birdman. Ci sono Christopher Nolan – Dunkirk – e Damien Chazelle di La La Land; c’è Darren Aronofsky di The Wrestler, Jackie e del Cigno nero. C’è Ron Howard, ex Ricky Cunningham di Happy Days, e poi regista da Oscar. Nelle ultime ore, si sono aggiunti David O. Russell, Pawel Pawlikowski di Cold War – candidato per il miglior film straniero – e l’italiano Luca Guadagnino. Fra gli attori, anche Robert De Niro ha speso il proprio nome. E con lui, George Clooney, Brad Pitt, Sandra Bullock, Jude Law, Emma Stone, Elle Fanning. Fra gli italiani, vincitori di Oscar, ci sono lo scenografo Dante Ferretti, il direttore della fotografia Mauro Fiore e la costumista Milena Canonero. E la lista si allunga di minuto in minuto. Una scelta di campo che ha i toni della rivolta aperta. Netto il "gladiatore" Russell Crowe, che twitta: "È una decisione stupida, talmente stupida che non mi viene neanche da atteggiarmi a “intelligente”, fare distinzioni: è talmente stupida che non ci sono parole". Fra i primi tweet, quello di Alfonso Cuarón, vincitore di due Oscar nel 2014 (Gravity) e regista di Roma, ora candidato a dieci premi: "Nella storia del cinema ci sono stati capolavori senza suono, senza colore, senza una storia, senza attori e senza musica. Ma nessun film senza montaggio e senza ‘CINEMAtography’, fotografia", e scrive in maiuscolo la parola "cinema". Il presidente della Academy, John Bailey, dice che le categorie sacrificate, in quest’edizione “stregata” che non avrà neanche un presentatore, ruoteranno di anno in anno: e che a quelle tagliate quest’anno sarà garantita visibilità l’anno prossimo. Inoltre, i discorsi di ringraziamento dei vincitori verranno riproposti, del tutto o in parte, dopo la pubblicità. Per tornare indietro sulla decisione, invece, occorrerebbe una nuova riunione d’urgenza del consiglio direttivo della Academy.