Sabato 21 Dicembre 2024
REDAZIONE MAGAZINE

La plastica che inquina il mare "fa impazzire" i pesci

Un nuovo studio evidenzia che i detriti plastici più piccoli possono accumularsi nel cervello dei pesci, che diventano più o meno incapaci di badare a sé stessi

(Foto: richcarey/iStock)

Negli oceani vengono riversati pezzi di plastica di ogni misura, che minacciano l'ecosistema finendo non di rado nella pancia delle specie marine. Una nuova ricerca pubblicata su Scientific Reports rivela però che i detriti di dimensioni nanometriche (un nanometro = un miliardesimo di metro) possono addirittura arrivare nel cervello dei pesci, influenzandone il comportamento in modo letale. LA PLASTICA CHE C'È, MA NON SI VEDE La ricerca condotta dal team della Lund University (Svezia) si è concentrata sulle cosiddette "nanoplastiche", ossia le particelle di grandezza infinitesimale che non possono essere osservate a occhio nudo. A differenza dei grossi rifiuti, il cui effetto in mare è stato oggetto di numerosi studi, i detriti di taglia microscopica hanno un impatto ancora parzialmente sconosciuto, in particolare per quanto riguarda il loro destino all'interno della catena alimentare marina. DAL PLANCTON AI PESCI Secondo le analisi dei ricercatori, una volta arrivate in mare le nanoplastiche diventano cibo per il plancton, l'eterogeneo insieme di organismi sui cui poggia la catena alimentare degli ecosistemi acquatici. Il plancton, con il suo carico di materie plastiche, viene quindi consumato dai pesci, dove i detriti più piccoli passano dal sangue al cervello senza incontrare ostacoli. "Il nostro studio è il primo a dimostrare che le particelle di plastica di dimensioni nanometriche possono accumularsi nel cervello dei pesci", ha dichiarato il biochimico e coordinatore della ricerca Tommy Cedervall. PESCI-ZOMBIE L'accumulo di plastica nel cervello ha importanti ripercussioni sul comportamento delle specie ittiche. L'indagine ha infatti evidenziato che i pesci intossicati incontrano difficoltà a esplorare l'ambiente circostante e consumano il cibo molto più lentamente degli animali sani, diminuendo così le proprie chance di sopravvivenza. Nonostante il rapporto di causa-effetto debba ancora essere dimostrato, gli scienziati ritengono che questo tipo di comportamento sia la conseguenza diretta dei danni cerebrali procurati dalle nano plastiche. UN MENÙ A BASE DI PLASTICA Cedervall ha sottolineato quanto sia importante prendere consapevolezza del fatto che "le particelle nanoplastiche possono avere sugli ecosistemi acquatici un impatto più drammatico rispetto ai pezzi di plastica di grandi dimensioni". La questione riguarda da vicino anche la salute dell'uomo: i pesci che sopravvivono possono infatti finire in tavola, alimentando il timore (sempre più supportato da prove scientifiche) che i rifiuti concludano la loro corsa nello stomaco dei consumatori.