Il destino dei rifiuti plastici che finiscono in mare non è solo quello di sbriciolarsi in una miriade di frammenti di dimensioni infinitesimali (le cosiddette microplastiche). Uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology rivela infatti che la luce solare può trasformare i polimeri e gli additivi contenuti nelle materie plastiche in una "zuppa" di sostanze chimiche del tutto nuove, che possono rappresentare un problema nel problema per la salute degli oceani. L'indagine è stata curata da un team della Woods Hole Oceanographic Institution, la più grande organizzazione di ricerca oceanografica degli Stati Uniti.
Sacchetti alla deriva: l'esperimento
Per capire cosa succede quando la plastica "cuoce" al sole, i ricercatori hanno allestito un esperimento con
diverse varietà di sacchetti della spesa in polietilene, tra cui quelli messi a disposizioni da alcuni colossi americani della grande distribuzione, come
Walmart e
Target. I campioni testati includevano inoltre un sacchetto con
pellicola a bassa densità senza additivi, utile per avere un metro di paragone. Dopo essere stata analizzata nel dettaglio dal punto di vista chimico, ogni borsa è stata inserita in un contenitore sterile e immersa in una soluzione ionizzata, per
simulare l'ammollo in mare. La metà dei contenitori è stata
lasciata al buio per sei giorni; la restante parte è stata collocata per cinque giorni in una camera a temperatura costante,
sotto il flusso continuo di radiazioni che imitavano la luce solare.
La plastica si trasforma in qualcos'altro
I test hanno dimostrato che mentre i campioni rimasti al buio rilasciano piccole quantità di composti organici, i sacchetti sottoposti alla radiazione luminosa si ritrovano a nuotare in una soluzione ricca di
nuove sostanze chimiche. L'analisi di questa "zuppa di plastica" ha rivelato la presenza di
decina di migliaia di molecole organiche disciolte in acqua, molte delle quali
potenzialmente nocive. Gli autori ritengono che in condizioni naturali lo stesso risultato è riscontrabile
a poche settimane dal momento in cui la plastica finisce nell'oceano.
Un problema peggiore del previsto
Il fatto che la plastica gettata in acqua dia vita ad altri composti non è di per sé qualcosa di inatteso, ma secondo l'equipe l'intero processo è almeno
dieci volte più complesso di quanto si credesse e comporta la formazione di
materiali tossici mai presi in considerazione in precedenza. "È sorprendente pensare che la luce solare possa scomporre la plastica, che è un materiale che in genere contiene alcuni additivi, in decine di migliaia di sostanze che si dissolvono in acqua", ha commentato il chimico e coautore dello studio
Collin Ward. "Dobbiamo pensare non solo al destino e all'impatto preliminare delle plastiche disperse nell'ambiente, ma anche alla metamorfosi che subiscono questi materiali".
Quali sono le conseguenze?
Al momento è difficile dire con certezza quali siano esattamente gli effetti di queste sostanze sull'ecosistema marino e più in generale su tutto l'ambiente. A basse concentrazioni l'impatto è
forse trascurabile, ma il rischio aumenta se si pensa alle
crescenti quantità di rifiuti plastici che vengono riversati ogni anno in mare. "Dobbiamo studiare dei campioni che siano rappresentativi delle plastiche effettivamente disperse nell'ambiente e poi approfondire i processi di invecchiamento che agiscono su di esse", ha concluso Ward.