Mettetevi (s)comodi. E alzate il volume. Il nuovo album Hello world arriva, infatti, venerdì prossimo sulle piattaforme per ridefinire l’avventura umana e artistica dei Pinguini Tattici Nucleari senza rinunciare a metterci davanti uno specchio non sempre piacevole da contemplare. "Sì, ma rimane un disco spudoratamente romantico in un’epoca di sfrenato individualismo" racconta il frontman Riccardo Zanotti, già alle prese con le prove del live che a Capodanno vedrà il sestetto bergamasco in scena ad Olbia nell’attesa del tour al debutto il 7 giugno all’Rcf Arena di Reggio Emilia, per poi proseguire, fra le altre, il 10 e l’11 allo Stadio di San Siro, il 21 allo Stadio del Conero di Ancona e il 25 alla Visarno Arena di Firenze. "Oggi la musica vive un periodo autoreferenziale, tra racconti di soldi fatti e macchine giganti. Essere romantici è una nicchia, anzi, rivoluzionario".
C’è una stretta connessione tra disco e concerti.
"Il mondo del live è quello dell’hic et nunc, del qui e adesso, ecco perché l’album è stato pensato per essere ascoltato in auto da soli, ma soprattutto suonato dal vivo col coro di tutti. Perché la nostra non è una “normalità“ che esclude, ma che prova a creare condivisione".
Hello world sono le due parole che spesso si “insegnano” a un programma per computer.
"La tecnologia nasce per sopperire ai nostri bisogni di connetterci gli uni con gli altri, ma col tempo ci siamo resi conto che, a forza di avvicinarci, abbiamo finito per allontanarci. Non è colpa del web, dei social, dell’intelligenza artificiale ma, probabilmente, è colpa nostra che di certa tecnologia facciamo un uso sbagliato. Ho fatto scoprire Suno a mia madre, che fa la maestra elementare, e lei l’ha usata per scriverci Nel favoloso mondo egizio che non sarà la miglior canzone in circolazione, ma è carina per i bambini".
Nel nuovo album il brano Migliore parla di femminicidi.
"Anche se abbiamo un nome che sembra trasformare tutto in barzelletta, alcune canzoni provano a scavare nelle inquietudini dei tempi che viviamo. L’anno scorso, ad esempio, dopo l’ennesimo, assurdo, caso di violenza, ho preso un foglio mi sono messo al pianoforte. Ne è venuto fuori questo dialogo familiare che bisogna leggere tra le righe perché ha due, o forse tre, livelli di lettura".
Fuck you Vincenzo ricorda Alberto Fortis.
"Sì, prende ispirazione dalla sua Milano e Vincenzo, ma anche da Colpa di Alfredo di Vasco. E pure da Talking Heads, Sufjan Stevens...".
Voi uscite con Islanda, Cremonini con Alaska baby. Da dove nasce tutta questa voglia di Circolo Polare Artico della nostra canzone?
"Forse dal desiderio di posti lontani ed estremi. O, almeno, così è stato per noi. Una fascinazione nordica che viene da lontano se si ricorda il Dialogo tra la Natura e un Islandese delle Operette morali di Giacomo Leopardi. L’anno scorso siamo volati fin lì per ritrovarci assieme e condividere le stesse giornate, gli stessi pasti, a volte gli stessi letti. Vivevamo un momento complesso, io avevo appena chiuso una relazione e pure nella band era affiorata qualche tensione. Per i Pinguini lo scioglimento non è mai stata un’opzione, ma qualche cedimento personale s’è verificato. E sono stati proprio certi momenti a rinsaldare i legami".
Avete fatto una lunga gavetta. Quando sono cambiate le cose?
"Probabilmente quando, dopo anni di live, ad Arino, frazione di Dolo, in provincia di Venezia, ci siamo trovati davanti al nostro primo cachet da 1000 euro. Ci siamo detti: 70 euro a testa, abbiamo svoltato! Vincere non vuol dire, infatti, fare i sold-out a San Siro, ma riuscire a vivere di questo mestiere. Ed è bello pensare che ci siamo riusciti pure con questo nome del ca…(volo). Certo, ci siamo impegnati tanto, ma abbiamo avuto pure un gran… (fortuna)".