Roma, 3 gennaio 2025 – Il subacqueo morto dopo l'attacco di uno squalo in Nuova Caledonia è la seconda vittima in pochi giorni, dopo Gianluca Di Gioia attaccato e ucciso nel Mar Rosso, il 29 dicembre.
La storia per punti
Le parole di Isabella Pratesi (WWF)
Isabella Pratesi, direttore del programma conservazione del WWF Italia, per la tragedia avvenuta in Egitto punta subito il dito contro “la pratica di smaltire rifiuti organici in mare. Gli squali sono animali molto opportunisti e hanno imparato ad avvicinarsi all’uomo per mangiare”. Diverso, osserva, quel che è successo in Nuova Caledonia a un subacqueo, azzannato a un braccio e poi morto. “Quando vai a pesca attiri comunque l’olfatto di questi animali, che è super sviluppato”.
"Quali sono gli squali pericolosi per l’uomo”
Tra le specie più pericolose per l’uomo, Pratesi mette “lo squalo tigre, lo squalo bianco, il longimanus e anche il mako, che però sta in acque aperte, quindi è una rarissima evenienza incontrarlo”. Chiarisce che “l’uomo per questi animali non è una preda, in Sud Africa ad esempio capita che lo squalo bianco scambi la sagoma per quella di una foca”. Gli attacchi, secondo Pratesi, si possono spiegare anche con un altro dato, “le prede naturali diminuiscono a causa di una pesca che sfrutta eccessivamente le risorse naturali. Sono 800 milioni le persone che vivono di questo”.
"Possiamo prevenire gli attacchi?”
Ma allora cosa deve fare un turista? “Molto meglio non andare mai soli, nuotare in piccoli gruppi – risponde la dirigente del WWF -, non allontanarsi dalla barriera corallina per poter uscire velocemente dall’acqua. Anche perché lo squalo è silenzioso e molto veloce”. Insomma, se ti sorprende alle spalle, non hai scampo.
L’importanza degli squali e la mattanza
Questi animali, ricorda Pratesi, “tengono in equilibrio tutta la catena alimentare. Senza di loro, crollano i meccanismi che regolano gli ecosistemi. Per fare un esempio: le larve di medusa vengono mangiate da un pesce che a sua volta è preda di un altro, fino ad arrivare agli squali. Che alla fine, quindi, garantiscono il non proliferare delle meduse. Invece questi animali in tutto il mondo vengono sterminati dall’uomo, ad esempio per mangiarli, capita con la verdesca. Aggiungo: gli stati che li proteggono, alla fine si prendono anche più cura dell’uomo”.
Gli squali in Italia
Giulia Calogero, presidente dell’associazione Menkab, che opera dal 2010 a sostegno delle attività di ricerca scientifica e di educazione ambientale dedicate al Mediterraneo, nelle sue perlustrazioni ha incontrato più volte la verdesca, “lo squalo più diffuso in Italia. Mangia carcasse di animali già morti, è un po’ uno spazzino del mare, si nutre ad esempio di pesci spada uccisi perché rimasti impigliati nelle reti o di cetacei morti ad esempio nelle collisioni con le navi”.
Ma nel Mediterraneo è stato avvistato anche lo stesso squalo bianco, una ricerca recente ha dimostrato la sua presenza tra Nord Africa e le nostre coste”.
La velocità degli squali
Ricorda la studiosa che “a Varazze, negli anni Trenta del secolo scorso, uno squalo bianco uccise un ragazzo in canoa”. E nuota nel Mediterraneo anche “lo squalo volpe, pericoloso anche per la coda molto lunga, che usa come difesa, e lo squalo elefante, a rischio di estinzione”. Pensate: un mako “può superare i 70 chilometri all’ora”. Secondo solo al pesce spada, “che va oltre i 100, nelle accelerate”.