Roma, 27 gennaio 2025 – Dobbiamo tutti molto ad Anna Kuliscioff, molto più di quanto possiamo sapere. Lo devono le donne, perché Anna fu una delle anticipatrici di tutte le battaglie per la "questione femminile", come veniva chiamata allora; una signora che 140 anni fa spiegava che le "donne devono guadagnare come un uomo", che "le donne devono lavorare come fa un uomo perché è solo con l’indipendenza economica che si otterranno la parità", che le "donne devono poter dare il proprio cognome ai figli". Lo deve il variegato mondo progressista, perché Anna fu una delle prime socialiste italiane (era a Genova nel 1892 per la fondazione del partito socialista, cui collaborò attivamente) che fino all’ultimo si batté per l’affermazione del socialismo riformista, quello che secondo la famosa profezia di Turati al congresso di Livorno del gennaio 1921 non verrà poi sconfitto dalla Storia, a differenza del massimalismo e del comunismo rimasti sotto le macerie da loro stessi creati. Lo deve infine la coscienza civile del Paese, perché Anna fu tra le promotrici di importanti e illuminatissime riforme, per l’epoca rivoluzionarie, alcune andate a segno subito (la prima normativa italiana per la tutela delle donne e dei fanciulli, legge Carcano del 1902, nasce su sua diretta ispirazione), altre venute solo molti anni dopo (su tutti, il voto alle donne).
Nata in Crimea e subito esule per motivi politici, prima rivoluzionaria antizarista, poi bakuniana, arrestata più volte, in carcere alle Murate di Firenze per più di un anno, poi socialista, poi di nuovo in galera dopo la repressione di Bava Beccaris nel 1898, fortemente antifascista quanto anticomunista, fu una delle personalità più influenti nella politica italiana tra la fine dell’Ottocento e i primi anni Venti, fino alla morte che avvenne a Milano il 29 dicembre del 1925.
E adesso tutto questo, all’inizio dell’anno del centenario della sua morte, viene raccontato nella mostra Io, Anna Kuliscioff aperta in questi giorni al Museo del Risorgimento a Milano (la mostra resterà aperta fino al 15 marzo), mostra documentaria che segnerà l’inizio delle celebrazioni che dureranno fino a dicembre, e che hanno l’ambizione di attirare l’attenzione del pubblico come lo è stato il 1924 per Giacomo Matteotti. Nella mostra è raccolto molto materiale che mai era stato esposto, e che permette di entrare dal vivo, quasi di toccare, l’universo Kuliscioff.
Si va dal primi anni di vita di Anna, con il permesso del padre Mojse (un ricco commerciante ucraino di origine ebrea) acché Anna si iscriva all’università di medicina di Zurigo, ai documenti universitari della Kuliscioff, agli scambi epistolari con i rettori delle università italiane nelle quali Anna studiò e infine dopo molto ostracismo si laureò (a Napoli, nel 1886). Per passare ai documenti circa l’attività politica della maturità. Una vetrina viene dedicata ad Andreina Costa, la figlia nata nel 1881 da Anna e Andrea Costa, il capo dei socialisti italiani con il quale la Kuliscioff fu legata per sette anni, fino al 1884 quando l’unione si ruppe. Di Andreina nella mostra sono riprodotte numerose lettere con il padre e le corrispondenze con la madre. Ci sono i numeri originali della Critica sociale, la rivista centro di gravità del socialismo riformista italiano fino a quando fu chiusa nel 1926 da Mussolini, e di cui Anna fu direttrice di fatto insieme al compagno Filippo Turati, i numeri della Difesa delle lavoratrici, che Anna fondò e diresse nel 1912.
C’è insomma tutta la Kuliscioff, ed è un’occasione importante per riprendere familiarità con una figura gigantesca della nostra storia recente, una figura che ci parla di temi attualissimi con parole che paiono pronunciate oggi: la lotta per i diritti dei più poveri ("i diritti sono di chi se li sa conquistare", diceva Anna), la lotta al fascismo e a tutte le intolleranze. Oltre che a battersi contro Mussolini (verso cui, curiosamente, in un primissimo momento, parliamo del 1912, provò una certa simpatia), Anna fu ferocemente anticomunista, arrivando a definire Lenin "uno zar comunista". La mostra è promossa dalla Fondazione Anna Kuliscioff e dal Comitato Promotore per le Celebrazioni del Centenario della morte di Anna Kuliscioff, curata tra gli altri da Marina Cattaneo della Fondazione Kuliscioff.