Venerdì 27 Dicembre 2024
PIERO DEGLI ANTONI
Magazine

Paolo Jannacci e papà Enzo: “Parlavamo in fenicio antico. L’autolavaggio il nostro regno”

I ricordi in famiglia: ‘Passami l’indice glicemico’ per noi era ‘Passami lo zucchero’. “La gag della siringa nel Campari Soda per fare un’iniezione ad Abatantuono”.

Paolo ed Enzo Jannacci in un’esibizione tv nel programma di Fabio Fazio “Che tempo che fa“ (2011). Enzo è scomparso nel 2013.

Paolo ed Enzo Jannacci in un’esibizione tv nel programma di Fabio Fazio “Che tempo che fa“ (2011). Enzo è scomparso nel 2013.

Milano, 25 novembre 2024 – "Vengo anch’io, no tu no" ha 58 anni ma sembra scritta oggi, al punto che viene ancora usata negli spot.

Come spiega il duraturo successo del brano?

"C’è il connubio tra la semplicità musicale e l’idea geniale, oggi si direbbe un claim, che racchiude un modo di essere" – risponde al telefono il figlio Paolo –. Mio padre spiegava: ‘Quella frase la dicevano sempre a me’. Era un modo per raccontare dei disadattati, degli esclusi".

Lei e suo padre parlavate in ‘fenicio antico’. Cosa significa?

"Nei momenti di relax familiare ci inventavamo termini che alludevano ad altro per metafora o analogia. ‘L’elaboratore d’artifizi’, per esempio, era il piano, ‘allungami il deambulatore’ significava ‘accompagnami alla porta’, ‘passami l’indice glicemico’ voleva dire ‘passami lo zucchero’. Lui chiamava ‘bloster’ Paolo Rossi, perché era piccolo, tosto, chiuso in certi momenti privati ma poi sul palco si apriva".

Nel documentario Diego Abatantuono racconta un episodio irresistibile...

"Diego stava male ma doveva partecipare a uno spettacolo. Fa chiamare mio padre che ordina una lunga serie di medicine e una siringa molto grossa. Al momento della puntura, Diego si volta e vede che papà, mentre lo rassicura: ‘Non ti preoccupare’, sta infilando la siringa in una bottiglietta di Campari Soda! Era uno scherzo, ovviamente, perché papà come medico era serissimo".

Amava molto scherzare...

"Paolo Tomelleri, grande musicista, clarinettista, sassofonista, girava sempre armato, con un Winchester da collezione. Un giorno va con papà a ritirare l’auto nuova e papà, apposta, gliela fa scivolare dentro il fosso lungo viale Forlanini. Allora Paolo gli punta addosso il fucile e gli dice: ‘Se non tiri fuori la macchina entro 4 minuti ti sparo’. Da quell’episodio la vendetta scherzosa di papà".

Cosa fece?

"Un giorno, al momento di salire sul palco, papà si accorge che Paolo non c’è. Lo trova addormentato su un grosso baule. Allora prende dei giornali, glieli avvolge intorno e gli dà fuoco! Paolo si sveglia di colpo, ma non si arrabbia, dice solo: ‘C’è altro?’".

Leggendario anche l’episodio di quando attraversò Galleria Vittorio Emanuele in auto con Paolo Rossi...

"Lui voleva sempre girare in auto, ovunque. Quando ci fu il referendum per la pedonalizzazione del centro la famiglia si spaccò. Allora in corso Vittorio Emanuele si poteva andare in auto e una volta, di sera, quando non c’era nessuno, a passo d’uomo, presero quella ‘scorciatoia’ attraversando in auto tutta la Galleria".

In un’intervista lei ha detto che di suo padre non apprezzava la vita bohemienne. Cosa intendeva?

"La quadratura del cerchio gliel’ho data io. Per moltissimi anni gli ho fatto da produttore, traducendo la sua inventiva in qualcosa di intelligibile. Se c’era uno spettacolo da mettere in piedi io ci pensavo 6 mesi prima, lui una settimana".

Un vezzo di suo padre era farfugliare le parole. Nel documentario Francesco Guccini dice che le sue telefonate erano drammatiche: ‘Non si capiva niente’...

"Per un artista farsi capire bene, così come essere preciso, è un inutile dispendio di energie: pronunciare bene la ‘r’, la dizione, la consecutio temporum, tutte cose inutili... Quando se ne accorgeva però ci rideva sopra".

Suo padre fu un estimatore della prima ora di Vasco Rossi. Eppure sembravano appartenere a due mondi diversissimi...

"Apprezzava il suo spirito rivoluzionario, anche se era una rivoluzione dolce, con quegli occhi dolci che ha Vasco".

Perché per voi era così importante l’autolavaggio?

"Era un mondo a parte, una capsula temporale dove il resto dell’universo con i suoi rumori, le telefonate, il traffico, non poteva raggiungerci. Lì all’autolavaggio avevamo momenti di riflessione al di fuori del caos urbano, dello stress. Parlavamo di tutto, anche di musica. Ci vado ancora, purtroppo da solo".

Suo padre ha detto ‘Vai sul palco come andassi a fare una rapina, perché può essere l’ultima volta’. Cosa intendeva?

"Probabilmente era dovuto a un momento di depressione, come capita a tutti quelli che fanno il nostro mestiere. Quando hai l’impressione che il pubblico non ti voglia, che tu sia superfluo... ".

Quando il telefono non squilla...

"In uno di quei periodi ricordo che, appena suonava il telefono di casa, correvamo all’apparecchio, sollevavamo la cornetta e pronunciavamo un ‘sì?’ squillante, anche se poi era solo il macellaio".

A proposito di concerti, lei sta portando in tournée lo spettacolo ‘In concerto con Enzo’ (dal 29 novembre a Fidenza).

"Si parte con la musica e col jazz, poi si fa salotto, si ride, si scherza, si grida. A papà sarebbe piaciuto".