C’è stata una stagione che non sarà stata ribelle, per dirla alla Fossati, ma sicuramente tutta sudata. E se ci si guarda indietro ora – nell’attimo esatto in cui i club stentano a sopravvivere e si moltiplicano invece i megaconcerti – la nostalgia prende il sopravvento. L’altro giorno poi, quando è stata annunciata la morte a 59 anni di Paolo Benvegnù, che di quella stagione fu uno dei protagonisti, la nostalgia si è miscelata con la tristezza.
Benvegnù era un cantautore. Che cosa significhi ancora scrivere canzoni ed essere considerato uno degli esponenti della canzone d’autore in quest’Italia che perde sempre più facilmente il contatto con la poesia e con le sue emozioni (anche in musica), lui stesso l’aveva spiegato molto bene in televisione. Lunedì era al programma di Stefano Bollani Via dei Matti n. 0 e a un certo punto ha detto: "Il cantautore è un ricercatore di cose non utili, nel senso che tutto deve essere teso all’utile, perciò noi brancoliamo nell’inutile. Ma chi dice cosa possa essere veramente utile? Ad esempio io trovo utilissimo vedere i bambini correre nei prati. Non portano denaro, ma portano gioia".
Passata la stagione dei primi cantautori, quelli degli anni ’70, ci si è chiesti quale direzione potesse prendere la musica d’autore. E negli anni ’90 sono arrivate risposte confortanti, anche dalla provincia, da Pordenone a Catania, capace di creare scene territoriali e indipendenti. Benvegnù era nato a Milano, ma sul lago di Garda, assieme ad altri compagni di viaggio, aveva fatto nascere gli Scisma. Era il 1993 e già in quella band s’intravedevano le traiettorie artistiche che avrebbe seguito per tutta la sua breve vita. Negli Scisma c’erano anche i sintetizzatori, oltre alle chitarre, alla batteria e al pianoforte. E poi tre attori che salivano sul palco con i musicisti.
Da un disco registrato live con un accattivante titolo Bombardando Cortina, è iniziata una storia. Una storia che si consumava e si autoalimentava nei club, in cui si finiva col rimanere in maglietta a maniche corte, pressati, schiacciati. Ma felici. Con delle canzoni-gioiello che, ascoltate anche ora dopo trent’anni, non suonano vecchie. Al massimo nostalgiche. Una su tutte, nel caso di Benvegnù e degli Scisma, L’equilibrio. Quel ritornello (chiamiamolo così) che lui introduce cantando “Aria“ per far insinuare la voce femminile che tratteggia invece “trascendendo l’aria“, sembra ora quasi un testamento musicale a sua insaputa.
La musica di Benvegnù, che nel frattempo era andato da solo con un album di debutto Piccoli fragilissimi film che ha appena compiuto vent’anni, è riuscita davvero a trascendere l’aria. E mentre chiudevano i club, palestre di vita e di musica, ecco che le sue canzoni finivano in qualche talent o cantate da Giusy Ferreri e Marina Rei (Il mare verticale, interpretata da entrambe). Finché anche Mina scelse di cantare Io e te (2010), sei anni dopo l’uscita di Piccoli fragilissimi film.
Un paio di mesi fa Benvegnù nel ricevere il premio Tenco per il suo ultimo album È inutile parlare d’amore (un cerchio che si chiude) non fece una dichiarazione di circostanza, ma riuscì con poche parole a spiegare perché quella stagione fu davvero ossigeno per la scena musicale italiana: "Questo premio – disse – è una carezza a tutta la scena musicale alla quale appartengo".