Roma, 21 settembre 2024 – Entomologa forense, naturalista e criminalista di frontiera. Da Torino a Perth, in Australia. Per scoprire l’assassino ‘interroga’ la Calliphora dubia, mosca che esiste solo in quel continente. Ma capita che sulla scena del crimine facciano capolino anche le vespe, “in un famoso caso americano avevano fatto il nido nel cranio del cadavere”. Sì, proprio così.
Paola Magn
i per i media australiani è la donna che sussurra agli insetti. L’abbiamo raggiunta al telefono. La voce svela quel che s’intuisce dalle foto, la passione negli occhi.
La donna che sussurra agli insetti
Si racconta così: “Sono una malata della natura, della sua osservazione, da bambina guardavo i criceti e prendevo nota di quante volte giravano a destra e a sinistra. Mi sono intestardita a fare il liceo biologico sanitario, andavo in laboratorio anche di domenica. Non sapevo ancora che esistesse la scienza forense, ho cambiato il mio piano di studi da astronomia a entomologia, ho scoperto gli insetti. L’animale che amo di più? La manta. Perché è leggera, simbolo di libertà, misteriosa ed elegante”.
Serena Mollicone e Federica Mangiapelo
Paola Magni dall’Australia ha lavorato sul delitto del lago di Bracciano, l’omicidio di Federica Mangiapelo. Spiega: “Per la prima volta in Italia è stata usata l’analisi del plancton sui vestiti del sospettato”. Nel 2009 si è occupata del caso Serena Mollicone, come cold case. Un altro primato, lo studio degli insetti. “Abbiamo dovuto fare sperimentazioni specifiche per riuscire ad ottenere risultati simili a quelli che abbiamo trovato nei vestiti. Abbiamo determinato la specie utilizzando il Dna. E abbiamo recuperato l’informazione ambientale, restringendo il tempo della morte”. Già, il tempo, variabile fondamentale per ricostruire un delitto.
La rete delle scienziate tra continenti
E c’è una rete di cervelli italiani in fuga che lavorano a progetti di frontiera, superando i continenti. Una rete fatta anche di donne. Paola Magni lavora ad esempio con Noemi Procopio, studiosa italiana che vive in Gran Bretagna. L’ultimo cantiere: “Una sperimentazione, tracce di microbiota su indumenti”. Quella stessa tecnica, ancora sperimentale, potrebbe rivelare la data di morte di Liliana Resinovich, il giallo di Trieste. Procopio sta lavorando al caso proprio su questo, come collaboratrice di Luciano Garofano, il consulente del marito di Lilly, Sebastiano Visintin. “Microbiota o microbioma, è la nuova frontiera - sottolinea la scienziata -. Io con la mia squadra indago sullo stadio precedente, quello che sta tra la morte e tutti gli animali che attaccano il cadavere. Entomologia forense”.
Cosa fa una criminalista
La scienziata è nata e cresciuta a Torino, “la città di Cesare Lombroso, il padre della criminologia”. “Sono criminalista non criminologa - si racconta -. Noi siamo scienziati, usiamo le prove in maniera oggettiva. Non parliamo con il sospetto. Diciamola così, fondamentalmente parliamo con i vermi. In Australia i media mi rappresentano come la donna che sussurra agli insetti. Oggi mi occupo anche di crostacei, plancton, piante. Alla fine sono una naturalista, faccio parlare la natura”.
Perché la scelta dell’Australia
Guardando all’inizio della storia (e delle scelte): “Dopo i primi passi nel mondo naturalistico forense, ho scoperto di essere sola. Sono affamata di conoscenza, avevo bisogno di un ambiente più stimolante. Avevo 28 anni, era il 2009, ho conosciuto il direttore di scienze forensi di Perth dove vivo. Mi ha dato la possibilità di venire in Australia una prima volta, durante il mio dottorato ho fatto una parte di ricerca qui. Ho odiato questo posto, sono tornata in Italia. Poi mi sono trovata al bivio. Sono una naturalista forense, ma non c’era una collocazione per me. Dal 2013 mi sono trasferita a Perth con un contratto. Sono professore associato di scienze forensi, faccio ricerca e comunicazione scientifica”.
La passione per i cold case
“In questo momento in Australia c’è una campagna di riapertura di casi irrisolti. E in molti ci vanno di mezzo insetti che non sono mai stati presi in considerazione”. Ma quali sono gli animali più frequenti sulla scena del crimine? “Mosche che si occupano della decomposizione, alcune specie esistono solo qua non ci sono in Europa non ci sono in Italia. Come la Calliphora dubia, molto bella, l’addome è diviso in tre parti, le due laterali sembrano lampadine. Un altro caso interessante ha rilevato la presenza di un favo di vespe”.
Le vespe sui cadaveri
Anche le vespe sui cadaveri? Regola scientifica: “Quando si lavora in entomologia forense non bisogna avere preconcetti. Non si deve entrare nel tunnel vision, la visione ristretta della realtà, per cui l’assassino è sempre il maggiordomo. Da una parte è naturale ma quando si tratta di un lavoro forense è pericoloso. Perché si rischia di non prendere in considerazione tutto ma solo quello che si conosce”. “Quando lavori su un caso ti aspetti le mosche ma potrebbe esserci qualsiasi insetto – ragiona l’entomologa forense -. Abbiamo trovato anche locuste o ragni. E mi sono capitate anche le vespe. Non sono animali tipicamente da decomposizione. Eppure in letteratura sono documentati perché utilizzano il cadavere o anche oggetti attorno. In un caso famoso americano hanno trovato un nido di vespe cartonaie all’interno del cranio”.
Pioniera in una terra di frontiera
Ma tornerà in Italia? “Ho tanti amici in Italia, tanti colleghi con cui collaboro sia nelle forze dell’ordine che nelle università. Ci sentiamo anche giornalmente perché abbiamo collaborazioni in piedi. Potrei tornare per periodi. Mi piacerebbe trasmettere quello che so. Nasco come entomologo forense ma oggi il mio interesse è molto concentrato sulla parte acquatica, quindi la scena del crimine che avviene dall’oceano alla vasca da bagno, passando per il pozzo. Le cose che facciamo possono essere assolutamente utili per i casi italiani”.