Milano, 14 gennaio 2025 – Sempre di sbieco, sempre contro. L’orologio lento della società italiana scandiva il tempo delle convenzioni e lui scattava in avanti di vent’anni. Delle modelle inquadrava il sedere, ma era l’anima che cercava. Nei diversi, nei malati, nei condannati a morte. Anche in Dio, con il quale aveva chiuso i conti da un pezzo: “Il mio rapporto con il Padreterno è stato risolto, entrambi non abbiamo molto da dirci. Posso capire quelli che sono credenti. Il mio Dio è un altro”. E ha continuato a inseguirlo chiedendogli spiegazioni sui pezzi di realtà difficili da guardare, gli unici che gli interessassero, imbastendo domande stupefacenti sul senso della vita. La morte invece era chiarissima: “Se vivi, muori. Mio figlio Rocco ha detto che butterà le mie ceneri sulla pila delle feci dei cavalli. Quando è finito, è finito. La cosa non mi spaventa assolutamente”. E così, senza paura, se ne è andato ieri mattina a 82 anni, all’ospedale di Cecina, dove era ricoverato da tre giorni e dopo aver lottato contro l’amiloidosi, una rara malattia degenerativa.
Gli Usa e il Vaticano nel mirino
Oliviero Toscani aveva sperimentato e accettato un fatto: a dire la verità si finisce sempre per fare paura. Anche al Vaticano o allo Stato del Missouri e persino agli eterni sodali Benetton, costretti a scaricarlo temporaneamente per evitare l’embargo. Un batterista impazzito in mezzo ai flauti, il lupo dentro il pollaio addormentato. Razzismo, violenza, religione, migranti, disabilità, sesso, fame, guerra, pena di morte, anoressia, Aids: non si è fatto mancare niente, niente gli è stato risparmiato. I bruschi risvegli da un sonno che a lui doveva sembrare coma sono i segnalibro di un’epoca ipnotizzata dalle pale dei mulini bianchi, frammenti di ciò che siamo stati. Toscani non sta né in cielo né in terra se nel 1973, tra Andreotti e Rumor, in piena austerity, costringe gli italiani in bicicletta ad alzare gli occhi su due manifesti extraterrestri.
Gli attentati in Sicilia e la guerra nell’ex Jugoslavia
Uno propone un busto androgino con pantaloni sbottonati, in penombra il pube senza biancheria e il claim “Non avrai alcun jeans all’infuori di me”. L’altro consacra il lato B della modella Donna Jordan infilato in calzoncini minimi con lo slogan “Chi mi ama mi segua”. Il 17 maggio l’Osservatore Romano pubblica l’accusa di blasfemia, il giorno dopo un maresciallo della Buoncostume sequestra i corpi del reato e Pier Paolo Pasolini profetizza “il nuovo spirito della seconda rivoluzione industriale”.
La strada è quella, la stagione degli scandali non chiede altro: nel 1991, sempre per Benetton, è la volta del prete che sfiora le labbra di una suora (siete svegli sì o no?), ma l’immagine viene censurata per le pressioni del Vaticano e di alcune associazioni francesi. Il 1992, anno degli attentati a Falcone e Borsellino, c’è il flash del cadavere crivellato dalla mafia mentre nel 1999 è il turno della macchia di sangue come logo della campagna a favore dei rifugiati del Kosovo.
Aids e preservativi
Seguono il malato terminale di Aids, i preservativi arcobaleno e gli scatti dei condannati a morte negli Stati Uniti: è già il 2000 e il fotografo italiano si prende l’accusa di frode dallo Stato del Missouri per averli ritratti con l’inganno. La famiglia Benetton interrompe la collaborazione, lui precisa che c’è vita oltre la pubblicità. Tra uno schiaffo e una visione la società cresce, oggi Rutelli confessa che suo figlio, bullizzato a scuola per il colore della pelle, fu coinvolto da Toscani nel progetto United Colors of Benetton e i compagni smisero di prenderlo in giro. Nel 2007 posa nuda la modella francese Isabelle Caro, gravemente anoressica: la ragazza muore nel 2010 a 28 anni e 31 chili, il fotografo è accusato di sciacallaggio e anche stavolta se ne fa una ragione.