Martedì 2 Luglio 2024
CHIARA DI CLEMENTE
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Olivia, via col vento la leggenda di Hollywood

La de Havilland è morta a 104 anni. Per la dolce Melania del kolossal del ’39, due premi Oscar e un’esistenza piena di grinta

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"Mi piacerebbe vivere per sempre in perfetta salute, ma prima o poi dovrò lasciare questa vita e quando succederà vorrei trovarmi rannicchiata su una chaise longue, profumata, con addosso una vestaglia di velluto e degli orecchini di perle, un calice di champagne e la soluzione di un difficile cruciverba a portata di mano". Velluti, perle, champagne, enigmi? Olivia de Havilland, l’ultima grande diva della vecchia magnifica Hollywood d’oro, se n’è andata nel sonno, nel suo letto, nel suo appartamento parigino vicino al Bois de Boulogne. Salute perfetta forse no, ma invidiabile, per una signora di 104 anni, che solo poco tempo fa aveva fatto scalpore con una sua foto – rilanciata su Instagram anche da Mia Farrow – a cavallo di una bicicletta a tre ruote, lei in giacca bianca e gonna nera, immancabili collana e orecchini, e gambe al vento.

Il paradosso di Olivia è che in queste ore, e per chissà quanto a venire, tutti la ricordano per il suo ruolo di Melania Hamilton in 'Via col vento' (1939): se Rossella è la pazza, Melania è la buona. È di lei che si innamora corrisposto Ashley, è con lei che diventa papà. Peccato che lo stesso Ashley (Leslie Howard) sia anche il grande amore della cugina serpentessa O’Hara (Vivien Leigh). La prima volta che Scarlett si dichiara ad Ashley, sapendo che sta per sposarla, definisce Melania (nella traduzione italiana del film) "una pupattola che vi darà dei marmocchi stupidi come lei". L’ultima volta – con la cugina morente e Rossella che ovviamente non frappone tempo in mezzo per tornare alla carica – Ashley sbotterà: "Non posso vivere senza Melania, ogni mio bene se ne va con lei. È il mio unico sogno che non sia stato distrutto dalla realtà". Ed è lì che finalmente Scarlett, dopo 50 ore di film in cui tutto era chiaro a tutti da almeno 45, capisce: "Allora io ho amato qualcosa che non esiste... Strano. Non m’ importa niente...".

Melania l’insopportabile melensa. Il paradosso è questo: Olivia passa alla storia per aver incarnato, alla grande s’intende, "l’unico sogno di un uomo che non sia stato distrutto dalla realtà", moglie americana pura devota votata a obbedienza, maternità, santità. Lei, la de Havilland, che fuori da Via col vento è stata una delle donne più toste e iconicamente ribelli dell’intero sistema che ne aveva fatto una diva.

Nata da un avvocato inglese, Walter Augustus de Havilland, a Tokyo, il 1° luglio del 1916 e dalla madre attrice dal nome d’arte Lilian Fontaine, vedrà i genitori divorziare a soli tre anni. Cresce negli Usa con la sorella Joan, più giovane di lei di 15 mesi, ed entrambe scelgono la carriera di attrici: Joan prende il cognome d’arte della madre, Fontaine, Olivia quello del padre. Joan è bellissima, bionda dai lineamenti raffinati e perfetti; Olivia più un “tipo”, diciamo così.

La rivalità tra le due è subito e fino alla morte di Joan acerrima, spietata: nel ’42 entrambe candidate (la Fontaine per Il sospetto di Hitchcock, Olivia per La porta d’oro di Mitchell Leisen). Joan la spunta sulla sorella nella conquista dell’Oscar di migliore attrice protagonista. Ma in breve Olivia si “vendica“: gli Oscar da migliore attrice da lei vinti sono ben due, con A ciascuno il suo destino (’46) e con l’immortale Ereditiera di William Wyler (’49).

È probabilmente proprio con l’Ereditiera che la de Havilland mette a segno il salto carpiato della sua carriera e della storia di Hollywood: il ruolo femminile che porta sullo schermo, da Henry James, infrange ogni clishé. Deve seminare e far crescere orgoglio, spessore, personalità e bellezza in un personaggio che – a inizio film – ne è totalmente privo. Lei ci riesce, non si vergogna d’esser definita brutta, d’apparire manipolata dagli uomini (il padre odioso, l’arrampicatore sociale Monty Clift): saprà come punirli, ferocissima, entrambi.

Non si vergogna di portare sul grande schermo da sola le due gemelle maledette dello Specchio scuro di Siodmak o la discesa negli inferi della follia della protagonista della Fossa dei serpenti di Litvak, film che nel ’48 contribuì a rendere meno disumane le condizioni dei manicomi Usa.

Di sinistra, non attivista, grande amica di un’altra eroina “irregolare“ come Bette Davis, negli anni ’60 si dà anche all’horror, con la rinata Bette di Che fine ha fatto Baby Jane?, affiancandola – sexy 48enne, cougar ante litteram – in Piano piano dolce Carlotta di Aldrich. Sopravvissuta a due matrimoni e alla morte del primogenito (sua figlia Giselle ha poco più di 60 anni), ha combattuto e sorriso fino alla fine. In bicicletta, gambe al vento.