di Aristide Malnati
"Perché io sono la prima e l’ultima Io sono la venerata e la disprezzata Io sono la prostituta e la santa Io sono la sposa e la vergine Io sono la madre e la figlia... Io sono la sterile, eppure sono numerosi i miei figli Io sono la donna sposata e la nubile... Rispettatemi sempre, poiché io sono la Scandalosa e la Magnifica". Mai versi hanno colto con maggior efficacia l’essenza di Iside, divinità onnicomprensiva, come questi riportati da un testo in copto (la lingua dell’Egitto cristiano) del 350 d. C. rinvenuto a Nag Hammadi in Egitto. Un poema cosmologico gnostico, che divideva il mondo in Bene e Male e che omaggiava Iside, esempio riuscito della dicotomia che governa il creato. La potenza di una dea totalizzante fu riconosciuta in pieno da greci e romani, che la venerarono combinandola in un riuscito processo di sincresi con numerose loro divinità: ne potenziarono il ruolo di protettrice della fertilità femminile e dunque del parto (numerose le statuette di “Isis lactans” che allatta i neonati) e della vita e, per estensione, del sovrano nell’atto di esercitare il potere (l’etimologia di Iside in egizio antico è legata al termine “trono”).
Su questo si fonda la mostra L’Amato di Iside. Nerone, la Domus Aurea e l’Egitto che narra la passione per il Paese del Nilo e per l’Oriente del più controverso e stravagante tra i “principes”; e come durante il principato neroniano (54-68 d. C.) la penetrazione dei culti isiaci nelle parti più sacre dell’Urbe sia stata costante e capillare. L’esposizione, curata da Alfonsina Russo, Direttrice del Parco archeologico del Colosseo e massima esperta del primo Impero romano (quello della dinastia giulio-claudia, raccontata a posteriori dalle penne irriverenti di Tacito e Svetonio), ha per protagonista la “Domus Aurea”, il Palazzo del potere tra Palatino, Esquilino e Celio, ingrandito da Nerone che proprio con il Sole dorato si identificava secondo una visione di matrice orientale. "L’Egitto ha sempre esercitato un fascino sui Romani perché è
una terra di scienza e di filosofia, una terra esotica da cui provenivano merci preziose, come l’incenso, poiché era un luogo di smistamento di merci che provenivano dall’Arabia: dal Nilo risalivano fino ad arrivare al porto di Alessandria e da lì queste merci preziose venivano portate in tutti i luoghi del Mediterraneo, tra cui Roma. L’Egitto era un luogo per eccellenza di fascino ma anche dell’ignoto. E affascinato e ispirato dalla sete di conoscenza Nerone – spiega la professoressa Russo – inviò delle spedizioni alla ricerca delle sorgenti del Nilo".
La suggestione della mostra è offerta dal riaffiorare, in un recente passato, della “coenatio rotunda”, la tavola circolare che ruotava grazie a un sistema di ingranaggi, dove l’Imperatore consumava come un sovrano egizio in compagnia di fanciulle discinte vivaci “cene eleganti”; e soprattutto a seguito dell’ultimo rinvenimento nel criptoportico, che univa i due cortili esterni, di affreschi che mostrano, nello splendore di colori derivati dal sapiente uso del blu egizio, decorazioni egittizzanti (come pitture di Anubi e Arpocrate) e soggetti legati al culto isiaco.
È stato realizzato un percorso espositivo nella villa d’oro che grazie a giochi di luce che ricostruiscono evocazioni egizie mette in mostra decine di preziosi reperti provenienti dai maggiori musei italiani, rinvenuti alcuni nell’Egitto romano (il Paese del Nilo fu fin da subito Provincia imperiale, controllata direttamente dal “princeps”), ma la maggior parte nell’Urbe e nei principali “municipia” italici. Tra loro, in una sezione apposita, statue e statuette di Horus, Osiride e ovviamente Iside, ma anche sfingi o simboli faraonici, recuperati nel Tevere: oggetti sacri fatti collocare da Cleopatra nell’Iseo Campense (tempio dedicato a Iside) e poi gettati nel fiume da Tiberio (19 d. C.), che avversò i culti lì praticati per una torbida vicenda di stupro di una giovane vergine altolocata, che si sarebbe consumato all’interno del recinto sacro.
E infine cartigli e monete con il nome e l’effigie di Nerone trovati in Egitto, per finire con la colossale statua dell’Imperatore nelle sembianze di un dio, che ben mostra come egli proprio grazie a elementi egizi (dove il potere veniva divinizzato) volesse presentarsi ai sudditi in adorazione come un nuovo e compiuto faraone.