Martedì 24 Dicembre 2024
ANDREA BONZI
Magazine

Nellie Bly, la prima cronista d'assalto diventa un fumetto

Le sue inchieste bomba cambiarono l'America tra Ottocento e Novecento, scoperchiando il marcio nei manicomi femminili e migliorando la condizione degli operai: ora la storia di questa coraggiosa ragazza è diventata un graphic novel

Una tavola del fumetto Nellie Bly (Tunué)

Roma, 23 settembre 2019 - “Giornalista sotto copertura – la prima nella storia – imprenditrice, viaggiatrice. Nellie Bly (pseudonimo di Elisabeth Jane Cochran) visse a cavallo fra Otto e Novecento, dimostrando che le donne potevano arrivare in vetta al giornalismo di inchiesta, e non solo scrivere di moda o deporre le proprie aspirazioni con il matrimonio". Una vita piena e ricca di colpi di scena, raccontata dalla giornalista Luciana Cimino (testi) e da Sergio Algozzino (disegni) nel fumetto 'Nellie Bly', edito da Tunuè e che sarà presentato sabato 5 ottobre al festival del giornalismo organizzato da Internazionale, che si terrà a Ferrara dal 4 al 6 ottobre.   Cimino, può spiegare ai lettori chi è Nellie Bly?  “Pur non aveva avuto l’opportunità di studiare, è una ragazza che aspira così tenacemente a fare la giornalista da diventare una firma di punta del New York World, il giornale di Pulitzer. In un periodo in cui le donne facevano questo mestiere solo finché non prendevano marito o scrivevano di argomenti prettamente femminili. Per una donna occuparsi di cronaca era considerato disdicevole, le strade erano pericolose” Invece, Nellie si buttò sulle inchieste.... “Inchieste sotto copertura, anche se allora non si chiamamvano così. L'idea di traverstirsi per raccontare le condizioni delle pazienti del manicomio femminile a Blackwell's Island gliela diede il suo caporedattore. Lei passò dieci giorni internata, il risultato fu un’inchiesta che ha fatto scuola, denunciando i maltrattamenti e le violenze delle donne trattenute lì dentro. Il clamore dell'opinione pubblica costrinse lo stato di New York ad aumentare i fondi e rivedere l’organizzazione. Ma fu solo il primo di una serie di articoli-bomba sulla condizione degli operai e delle classi lavoratrici. Inoltre, per il World fece anche il giro del mondo, battendo il record del libro di Jules Verne: ci mise 'solo' 72 giorni”.  Come ha 'incontrato' questo personaggio? “Durante un lungo viaggio di ritorno in pullman dalla Calabria: ho letto la vita di Nellie in pillole e mi è venuta subito l'idea di farne una sceneggiatura, magari per una graphic novel. La sua vita in effetti assomiglia a un film”. Che cosa insegna Nellie Bly alle giovani generazioni, nell'epoca del MeToo? “Innanzitutto che una donna è in grado di fare qualsiasi cosa, di arrivare all'apice in qualsiasi mestiere: la collana Ariel inaugurata da Nellie Bly vuole focalizzarsi proprio su storie di forza e sensibilità femminile. Ma c'è un altro insegnamento: o il giornalismo serve per migliorare la condizione degli ultimi, o non ha ragione di esistere”.  C'è un problema di discriminazione femminile nel giornalismo? “Oggi ci sono molte giornaliste donne che fanno inchieste, Nellie ha aperto un varco: Anna Politkovskaja, Ann Leisle, Amira Hasse e altre. Io mi sono occupata anche di politica ed economia, non ho subito discriminazioni, ma mi è capitato di avere stipendi più bassi a parità di mansione. Noto poi l'abitudine, quando si parla di colleghe che lavorano fino a tardi, a domandarsi come fanno con i figli, o ancora come riescano a conciliare tutto. A un uomo non lo si chiede mai: c'è ancora l'idea che la cura della casa e dei figli sia un compito femminile. Prima di un problema di genere, però, c'è un problema di accesso alla professione: solo chi può permettersi di percepire paghe basse per anni, che ha alle spalle una famiglia, può permettersi di fare il giornalista” E come si abbattono questi pregiudizi? “Con l'educazione. Dei ragazzi, ma anche delle ragazze”.  Le inchieste di Nellie incidevano sulla realtà. Oggi c'è l'impressione che il giornalismo faccia molta più fatica a migliorare la società... “Innanzitutto sono sparite le inchieste, sostituite dai retroscena. Questo è dovuto, in parte, dal fatto che un'inchiesta è spesso costosa come organizzazione e con le querele si rischia troppo, servono avvocati alle spalle. È più facile rincorrere l'immediatezza di internet, raccontando quello che succede, scattando fotografie del presente. Non c’è la vocazione all’approfondimento, ed è un peccato”.