Anche se non l’ha mai conosciuto, nonno Sergej sarebbe sicuramente orgoglioso del nipote Gabriel Prokofiev che non ha giocoforza seguito le sue orme di musicista classico (oltre le otto Sonate e i cinque Concerti è passato alla storia per le colonne sonore dei film ’Alexander Nevskij’ e ’Ivan il Terribile’ del famoso regista del muto Eisenstein, per l’intramontabile ’Pierino e il lupo’, ’L’angelo di fuoco’, balletti come ’Romeo e Giulietta’ e ’Cenerentola’) ma è diventato pure lui un compositore internazionale, celebrato per quel suo originale mix crossover dove classico e tecnologia contemporanea tessono trame inedite che contaminano a loro volta altre arti. Come nel caso di ’Breaking Screens’, la dance suite che martedì alle 21 debutterà al Palazzo Vescovile di Imola in prima esecuzione integrale insieme al Quartetto Noûs e ai solisti Zoe Canestrelli alla viola e Marcello Sette al violoncello e replicherà mercoledì a Forlì nella Sala del Refettorio dei Musei di San Domenico per Emilia Romagna Festival.
Com’è nato e si è sviluppato il progetto?
"È stata una lunga genesi, le cui idee iniziali sono confluite nel progetto di danza di Gandini Juggling and Alexander Whitley portato in tour nel 2018 e in un mio album del 2021. Il classico modello della dance suite contiene però riferimenti-chiave ai temi più inquietanti della contemporaneità come l’invasione di tecnologia e schermi, il populismo veicolato da internet, le paure distopiche del sovraffollamento antropico del pianeta, la crisi climatica e la ricerca di una via d’uscita nella natura. La connessione musicale tra classico e contemporaneo deriva da un’interazione diretta tra gli strumenti a corde classici e i suoni della dance music. Il titolo si riferisce invece alla rottura delle barriere tra la dance elettronica e quella classica e l’abbattimento delle questioni su ciò che è arte alta e bassa: distinzione che spesso nasconde solo divisioni razziali, sociali e politiche".
Qual è stato l’apporto di Emilia Romagna Festival alla sua residenza creativa in Italia?
"Sono stato invitato al Festival nel 2021 quando Massimo Mercelli eseguì un mio pezzo per flauto e corde. Fui molto impressionato da quella performance e dall’attitudine del festival di aprirsi a un repertorio di vasto raggio, così chiesi immediatamente di poter essere maggiormente coinvolto. Il calore che mi fu trasmesso dal pubblico al debutto fu determinante nell’ispirarmi il Concerto per flauto, la cui prima è stata a luglio proprio a Imola".
L’Italia le è stata anche di stimolo per studiare Dante durante il lockdown...
"Da anni mi dicevo di voler leggere l’Inferno, ma in occasione del 700° di morte sono stato deciso: ora o mai più. E senza più concerti e tour, ho potuto immergermi nella lettura, favorito anche dalla segregazione che credo mi abbia messo in perfetta corresponsione con il Poeta. Le illustrazioni alla Cantica di William Blake hanno fatto il resto. Il risultato sono diversi pezzi ispirati al viaggio nell’aldilà, alcuni dei quali confluiti nel Concerto per flauto".
Qual è lo stato della musica contemporanea?
"Stiamo entrando in una nuova, eccitante era del classico contemporaneo. La seconda metà del XX secolo è stata dominata da dogmi culturali e politici che oggi mi sembrano spazzati via: i musicisti possono spaziare liberamente tra stili differenti".
Da russo-britannico come sta vivendo l’invasione dell’Ucraina?
"Mio nonno era nato nel Donbass e il suo villaggio, Sonsovska, è tra i più vicini al fronte. Sono certo che sarebbe devastato da questo conflitto. Ho letto di recente i suoi diari e la sua visione dell’Ucraina è quella di una terra nettamente separata dalla Russia. Mia nonna, Lina Prokofieva, che normalmente viene considerata spagnola, in realtà aveva nonni polacchi che vivevano a Odessa per cui ho due rami della famiglia che vengono da quelle zone. E’ un Paese che ha aspettato a lungo l’indipendenza e non può perderla adesso".