"Ammettiamolo, siamo tutti affascinati dal true crime. Ci chiediamo da sempre quale sia il motivo per cui il male con la ‘M’ maiuscola sia in grado di ammaliarci così tanto, non smettiamo di provare brividi pensando al fatto che ‘il mostro è tra noi’, ma allo stesso tempo il suo operato è frutto di disturbi psicologici e traumi sociali che dalla nostra realtà possono sembrare tanto lontani". Parola di Max Proietti, star del web, laureato in Scienze e tecniche psicologiche, che ha appena dato alle stampe la sua prima opera ‘Gli occhi del male’ (Mondadori Electa). Romano doc, trentaquattro anni, Proietti è noto sia per suoi video in giro per la Capitale dove, da vero Cicerone 3.0, fa conoscere con tono scherzoso la città e le sue bellezze, sia per i suoi format su TikTok e Instagram che trattano di crime in chiave psicologica.
Dai social alla carta stampata…
"Sono molto felice di questa mia prima opera, per me è un piccolo sogno che finalmente si realizza, un’emozione unica e un regalo che voglio dedicare a chi mi ha sempre supportato. L’idea del libro è nata dalla curiosità verso il confine sottile tra normalità e follia. È una sorta di collegamento con quanto faccio sul web, soltanto che c’è meno intrattenimento e più indagine nella mente umana".
’Gli occhi del male’ è una visita alla galleria degli orrori?
"Per il libro ho scelto dieci personaggi emblematici: da Jeffrey Dahmer a Donato Bilancia, dalle Bestie di Satana a Ed Kemper, nel tentativo di spiegare la natura del serial killer e, perché no, esorcizzare la paura che di solito ci scatena un male tanto profondo e insondabile. Racconto non solo le storie dei criminali, ma indago anche le motivazioni, le paure e i momenti di rottura che li hanno portati a oltrepassare quel limite. Per me rappresenta un viaggio nelle ombre dell’animo umano, un tentativo di svelare cosa si nasconde dietro il male. I lettori possono aspettarsi dieci racconti che li spingeranno a guardare oltre l’orrore superficiale, fino a toccare le profondità di vite segnate da scelte estreme e irreversibili.
Come nasce la sua passione per il true crime?
"Ho un background da psicologo e la mente umana mi ha sempre affascinato. Quella dei serial killer ancora di più perché è fuori ai classici schemi mentali".
Da ragazzino voleva già entrare nella mente umana degli altri?
"No, volevo fare il calciatore e poi l’insegnante di storia perché i racconti del nonno sulla guerra mi stimolavano a conoscere di più le nostre radici".
Poi, però, è diventato psicologo…
"Sì, e ho iniziato a praticare la professione. Ma per la mia indole l’ambito terapeutico era troppo faticoso. Così sono entrato in un azienda che organizza grandi eventi ma anche lì non mi trovavo bene. Quando è arrivata la pandemia ho iniziato a fare le dirette social su tematiche di psicologia. Cercavo di tradurre concetti complessi in linguaggio semplice e coinvolgente, per rendere la materia accessibile a tutti, incoraggiando una maggiore consapevolezza e comprensione di sé e degli altri".
Come è passato al true crime?
"Per caso. Ho provato una volta ad affrontare la cronaca nera e un utente mi ha chiesto la storia di Ted Bundy, il serial killer americano, autore di almeno trenta omicidi di giovani donne tra il 1974 e il 1978. Da lì ho continuato con questo genere".
Sui social fa numeri incredibili: ma qual è il suo rapporto con i follower?
"Buono, per lo più sono fan. Certo, ci sono anche gli hater a cui rispondo sempre in modo educato ma puntuale. La critica deve essere costruttiva altrimenti non è una critica".
Quali sono i suoi hobby?
"Amo leggere e scrivere. Al momento sono alle prese con ‘Il Ciclo delle Fondazioni’, la serie di romanzi di fantascienza scritti da Isaac Asimov. E poi mi piace visitare e far conoscere la mia Roma".
Progetti futuri?
"Vorrei scrivere un secondo libro, seguendo un altro filone del crime".