Napoli, 7 dicembre 2024 – Oggi Napoli presenta due facce: quella fascinosa del film ‘Parthenope’ di Sorrentino e quella brutale dei ragazzini ammazzati per strada. Come è davvero la situazione?
"Oggi si parla solo bene di Napoli" – risponde al telefono Nino D’Angelo, oggi e domani in concerto al Palasele di Eboli –. La criminalità c’è sempre stata. Invece oggi Napoli è cresciuta molto, è piena di turisti, trent’anni fa non succedeva. È da quando sono nato che sento parlare di disoccupazione, gli amici di mio padre dicevano sempre ‘è disoccupato’, oppure ‘sta cercando lavoro’. Cercare lavoro era il loro lavoro".
Il suo primo impiego fu vendere gelati...
"Papà lavorava al buffet della stazione ma stette molto male. Allora mi presero come venditore di gelati stagionale. Stavo lungo i binari. Poi d’inverno, come abusivo, vendevo il caffè sui treni. Non pagavo il biglietto: offrivo il caffè al controllore".
Cosa successe col primo disco?
"Avevo fatto un provino e il discografico mi aveva chiesto dei soldi per incidere il disco. Ma non li avevo. Quando tornai a casa e lo dissi a mia madre, persi un po’ la testa, le dissi: “Mamma perché mi hai fatto così povero?“. Io urlavo e lei piangeva. Arrivarono tutti, parenti, zii, vicini, credevano che fosse morto qualcuno. Con tutta quella gente in casa mi venne l’idea. Dissi: visto che state tutti qui, se muoio non ho neanche i soldi per il funerale, se invece fate una colletta e me li date, posso ringraziarvi da vivo. Raccolsi 500mila lire e le portai al discografico. Il mattino dopo venne a prendermi un amico per portarmi allo studio, ma quando arrivammo ci dissero che il discografico era morto quella notte. Era morto con in tasca i soldi miei! Naturalmente non ci credette nessuno. Persino mia mamma, molti anni dopo, mi chiese: adesso puoi dirmelo, quelle 500mila lire che fine hanno fatto?".
Come nacque il famoso caschetto biondo?
"Non ero un guaglione alto, un fustacchione, così capii che dovevo trovare qualcosa che attirasse la gente. Col mio parrucchiere ci inventammo il caschetto biondo, e da quel momento cominciò la mia fortuna".
E arrivò ’Nu jeans e ‘na maglietta’, la vera consacrazione…
"È una canzone autobiografica. Mentre guardavo mia moglie che faceva le pulizie in casa è uscita ‘sta cosa. Ero convinto che sarebbe stata la canzone della mia vita. A mia moglie dissi: “Hai sposato un uomo ricco“".
Per sposare sua moglie faceste la classica fuitina…
"Eravamo fidanzati da quando lei aveva 11 anni e io 17. Scappammo quando lei aveva 15 anni".
Andaste in albergo?
"Macché albergo! Non ce lo potevamo permettere. Girammo tutta la notte e, quando tornammo, tutti mi volevano menare, la mia famiglia e la sua. Poi le cose si aggiustarono, in fondo ero un bravo ragazzo. Ho un rimpianto: avrei potuto aspettare".
Lei è stato amico di Maradona. Come lo incontrò?
"A Napoli avevano appiccicato dei manifesti. Dicevano: ‘Tre cose sono belle a Napoli: Maradona, Nino D’Angelo e le sfogliatelle’. Maradona vide i manifesti e volle conoscermi. Andai al San Paolo – allora il Napoli si allenava lì – e lo incontrai. Mentre parlavamo lui palleggiava: ma non con i piedi, con le spalle! Da una spalla all’altra, senza sbagliare mai. Parlavamo e lui palleggiava in quel modo. In seguito lo incontrai molte volte a casa di Bruscolotti – era il capitano del Napoli che poi gli passò la fascia –. La moglie di Giuseppe gli preparava degli enormi piatti di pasta aglio e olio".
Lei però da Napoli se ne è dovuto andare…
"La camorra voleva dei soldi. Spararono due volte contro i vetri di casa mia. La prima pensai a una bravata, ma la seconda capii che facevano sul serio".
Glielo dissero chiaramente?
"Ho avuto delle richieste esplicite. E così mi trasferii a Roma".
Nella sua lunghissima carriera le è mai capitato un inciampo?
"Una volta ho sbagliato data. A quei tempi facevo tre matrimoni o tre sagre al giorno. E alla festa in piazza dove dovevo cantare mi presentai il giorno seguente. Il sindaco mi voleva ammazzare".
Persino Miles Davis era un suo fan…
"Non l’ho mai conosciuto. Venni a sapere come aveva scoperto la mia musica da un tassista di Palermo. Un suo collega gli aveva raccontato di aver trasportato Miles Davis che era in Sicilia per un concerto. Il tassista ascoltava una mia canzone e, quando è salito il jazzista americano, aveva abbassato il volume. Ma Miles Davis gli aveva detto: “No, alza“. E poi si era fatto portare a comprare tutti i miei dischi. Quando me lo riferirono io chiesi: “Ma il Napoli ha comprato un giocatore che si chiama Davis?“. Ero così ignorante che non sapevo nemmeno chi fosse. E proprio a Palermo, durante la conferenza stampa, quando chiesero a Miles Davis quale musica italiana conoscesse, davanti a tutti i cronisti citò proprio me. Ho ancora i ritagli dei giornali".