Sassari, 19 agosto 2024 – Zoonosi, parassitosi e cambiamenti climatici: cosa ci insegna il ‘caso Sardegna’ sulle malattie degli animali potenzialmente trasmissibili all’uomo? Lo abbiamo chiesto al veterinario e divulgatore scientifico Antonio Varcasia, docente all’universita di Sassari.
“Nella nostra isola - premette - abbiamo tantissime specie autoctone, agenti di zoonosi. Non importa scomodare gli ‘alieni’. Siamo iper-endemici per l’echinococcosi, una delle 5 zoonosi parassitarie più importanti al mondo. E abbiamo il primato europeo sulla sindrome della Cenurosi o cosiddetta “pecora pazza”. Questo perché la Sardegna è una sorta di mondo chiuso, dove sfortunatamente tutto quello che arriva, tende a stabilirsi”.
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La malattia emorragica del cervo
Tra gli ultimi casi: “Due anni fa è arrivata in Europa la malattia emorragica del cervo trasmessa dai Culicoides, insetti vettori che sono una via di mezzo tra zanzare e pappataci e sono responsabili anche per il virus della lingua blu. Quindi nell’isola c’erano già i vettori ma questa malattia ancora non era presente. È arrivata dall’Africa, quasi sicuramente con lo scirocco”.
Zoonosi e cambiamenti climatici
In questi processi, il cambiamento climatico “è certamente un fattore importante”, mette in evidenza l’esperto. Perché si adattano meglio alle nuove condizioni “zanzare, pappataci, zecche e alcune specie di mosche che possono trasmettere malattie”. Il mutamento in essere, osserva ancora Varcasia, “è molto legato all’innalzamento delle temperature. Alcuni microrganismi abituati ad habitat ben precisi non riescono ad adattarsi. Quindi cercano di spostarsi in un clima ideale. Così stanno arrivando da noi - anche ‘imbarcati’ sugli aerei - i vettori, cioè gli insetti che trasportano microrganismi potenzialmente patogeni. In Sardegna ci aspettiamo la febbre Crimea-Congo, trasmessa dalle zecche e trovata l’anno scorso in Corsica. La sorveglianza anche in questo caso è garantita dagli istituti zooprofilattici, che fanno un lavoro davvero capillare”.
L’estrosi, parassitosi da mosca Oestrus
Ci sono “parassitosi neglette, di cui non parla nessuno perché non ci sono morti e non creano problemi subito”. Tra queste, a giudizio di Varcasia, si può annoverare anche l’estrosi. “Le larve di mosca Oestrus - spiega il veterinario - si sono adattate a vivere dentro animali e persone. La mosca nasce, si accoppia, libera le uova e muore. Durante questo periodo, ‘spara’ le larve negli occhi e nelle orecchie, normalmente delle pecore, dove si arriva a una prevalenza dell’80%. Però ogni tanto la mosca si sbaglia e colpisce anche l’uomo. Infatti abbiamo decine di casi, ogni estate. Perché, sebbene sia molto evoluta a riconoscere le pecore, recentemente abbiamo scoperto che probabilmente creme idratanti e profumi in certi casi confondono la mosca. Per questo i casi sull’uomo sono in aumento, prima li trovavamo soltanto nei pastori”. Per capire quanto siano presenti in questo mondo degli allevamenti basta pensare alle “predes, preghiere ancestrali per allontanare le mosche Oestrus, tramandate dalla tradizione”.
Gli attacchi della mosca Oestrus all’uomo
Chiarisce Varcasia: “Le micro larve sono grandi 2-3 millimetri e irte di uncini. Che usano per mangiare, si servono infatti di questi strumenti per irritare la mucosa. Negli ultimi casi abbiamo documentato gli ‘attacchi’ su turisti che non avevano nulla a che fare con gli allevamenti. C’è il fattore sanitario ma anche quello psicologico. E poi le larve provocano un grande dolore fisico nel naso e negli occhi, che perdura per giorni anche dopo l’estrazione. Abbiamo appena completato un articolo scientifico, ora in revisione, raccogliendo le testimonianze di medici in Sicilia e in Sardegna che sono entrati in contatto con questa parassitosi”.