Divo e antidivo, bello e possibile, aggressivo e sentimentale. Alessandro Borghi è uno dei volti chiave del cinema italiano che si rinnova. Sottile, intelligente, complesso, ma all’occorrenza ruvido, muscolare, determinato. Una popolarità grande conseguita con Suburra – La serie e il David di Donatello come miglior attore protagonista per aver interpretato il calvario e l’agonia di Stefano Cucchi in Sulla mia pelle. A Venezia, Alessandro Borghi arriva come protagonista di Mondocane , film d’esordio di Alessandro Celli, che ha aperto la Settimana della critica, da ieri nelle sale italiane. A Venezia è tornato con un vistoso barbone da profeta, mano nella mano con la fidanzata Irene Forti. Mondocane è un film duro, ambientato nel futuro prossimo, in una Taranto divisa in due. Una città ricca e vitale, da una parte. E dall’altra un luogo fantasma. Alessandro Borghi è Testacalda, un cattivo maestro che recluta e manipola ragazzi soldato.
Borghi, il suo personaggio è complesso. Un cattivo che cattivo non è fino in fondo.
"Per me era importante che fosse un personaggio tridimensionale, con una dimensione violenta, ma anche delle sfumature di educatore in buona fede. Un uomo che ha un lato violento, ma che cerca di migliorare il posto in cui vive".
Ci sarà un sequel?
"Questo è un film che racconta un universo, quindi sarebbe anche un bel film da ‘serializzare’. Non ci stiamo ancora lavorando. Però è bello che i film lascino la sensazione di un racconto che va oltre".
Ha scelto di lavorare con un regista esordiente, in un film interpretato in gran parte da ragazzini. Perché?
"Una volta avevo il mito di Hollywood. Mi auguravo che bussasse alla mia porta un regista americano. Adesso ho capito che il cinema italiano è pieno di energie nuove, fresche, e che non c’è più bisogno di andar fuori per avere una visibilità internazionale".
Ha mai pensato di passare dietro la macchina da presa, di dirigere un film?
"Per ora no. Ma c’è una cosa che mi interessa molto: la produzione. Vorrei metter su una squadra di persone brave, capaci di creare contenuti visivi ben fatti. Ci sono mille storie da raccontare attraverso film, serie televisive, spettacoli teatrali. Invece alla regia non penso, perché mi piace ancora molto fare l’attore. E non sono di quelli capaci di fare tutte e due le cose insieme: non capisco come si possa riuscire a fare insieme il regista e l’attore". Mondocane parla di Taranto, fabbriche tossiche, dell’incertezza delle nuove generazioni. Racconta l’apocalisse futura ma in chiave di favola nera.
"Non è un film politico sull’Ilva di Taranto e non ha volontà di esserlo, ma se avesse la possibilità di scuotere le coscienze sarebbe meraviglioso. L’altra volta, con Sulla mia pelle , ci siamo riusciti. Spesso non ci rendiamo conto del potere del cinema: io stesso non pensavo che quel film avrebbe smosso la realtà, invece ha contribuito a fare cambiare le cose".
Allo stesso tempo Mondocane è un film popolare, si rivolge a tutto il pubblico...
"Sì: è un film per piccoli e grandi, un film spettacolare e un film con un messaggio. Si può decidere di vedere dentro questa storia qualcosa che va oltre, o semplicemente godersi uno spettacolo. E se attraverso questo meccanismo riuscissimo a punzecchiare qualcuno, sarebbe molto bello". Intanto, quasi a confermare le sue frasi sul cinema italiano che sa farsi internazionale, fra poco Borghi volerà in Norvegia per interpretare The hanging sun , thriller noir di Francesco Carrozzini, un progetto internazionale coprodotto da Sky, Cattleya e dalla Groenlandia di Matteo Rovere.