“Io ho ottantotto anni e me ne sento addosso la metà, quarantaquattro. Sto bene, per fortuna. Ma mi preparo serenamente a morire. Infatti, ho appena scritto un libro nuovo, dal titolo suggestivo… ”.
Sentiamo.
“Si intitola ‘La rinascita’, si trova su Amazon a 15 euro ed è un po’ il mio ultimo inno alla vita”.
Giulio Rapetti, meglio noto come Mogol, è un simbolo della cultura popolare italiana. I suoi versi per le canzoni di Lucio Battisti (e non solo, eh!) appartengono all’immaginario collettivo. Ma l’uomo non è riconducibile alla dimensione esclusiva della Hit Parade. Gli si farebbe un torto, anche se per aver scritto “Emozioni” merita di andare dritto dritto in Paradiso, sissignore.
“Ho sempre avuto un fortissimo sentimento religioso – racconta l’autore di ‘Mi ritorni in mente’ – Ho un debito di gratitudine con Dio, che è stato molto generoso con me. E il lungo tempo che ho vissuto ha contribuito a rafforzare un mio convincimento”.
Tradotto?
“Siamo su questa Terra per far del bene al prossimo. Anche nelle piccole, piccolissime cose. Magari anche tramite il libro cui ho accennato”.
La Rinascita, appunto.
“Sì, sì. Ci ho messo dentro quella che osando potrei definire la mia filosofia dell’esistenza. Sono tante minime considerazioni sulla salute del corpo e della mente. Vuol sapere una cosa curiosa?”.
Sono qui apposta.
“Già nel 2001 i medici della Università di Siena mi chiamarono a tenere una conferenza sul concetto della difesa globale della persona, dell’individuo, nel fisico e nello spirito. È una materia che mi ha sempre appassionato, ci ragiono su da quarant’anni. Posso confidare un’altra cosa curiosa?”.
Prego.
“Ho voluto che il volume fosse stampato in caratteri cinque volte più grandi del normale, in modo tale che possa leggerlo anche chi ha difficoltà con la vista. Non bisogna mai perdere la speranza, la gioia di affrontare la quotidianità”.
Beh, amico mio, è raro imbattersi in un Grande Vecchio così carico di ottimismo, se posso permettermi.
“Ah, grazie per il Grande Vecchio, che accolgo in senso positivo! Comunque è vero, sono ottimista, ho fiducia nella realtà che mi circonda, nella nostra Italia. E ho un coetaneo che la pensa esattamente come me”.
E chi sarebbe?
“Il Papa”.
Conosce Bergoglio?
“Ci siamo anche incontrati”.
Come è andata?
“Gli avevo mandato un mio aforisma”.
Possiamo svelarne il contenuto a chi ci legge?
“Certo. Il testo è questo: ‘Come due fratellini/disegnano la mamma in due modi diversi/ così gli uomini/disegnano Dio’. L’ho scritto e gliel’ho fatto avere presso la sua residenza”.
Beh, la classe non è acqua, Maestro.
“Al Papa è piaciuto e mi ha fatto sapere che gli avevano fatto bene quelle parole. Conservo una sua bellissima lettera autografa”.
Senta Mogol, qui stiamo volando altissimo e quasi mi dispiace riportarla sulla Terra…
“Non si preoccupi, l’Alto e il Basso possono convivere”.
Lei scrive ancora versi per canzoni?
“Sì, meno di prima perché ho sempre tanto da fare, ma non ho rinunciato alla mia identità diciamo artistica”.
E la musica contemporanea, quella dei giovani, i nostri figli e nipoti, la ascolta?
“Si riferisce al rap, al trap, eccetera?”.
Esatto.
“Tenterò di essere diplomatico: sono un autore, non un critico musicale”.
Ma così non vale!
“Va bene, allora sarò sincero. Rispetto i gusti di tutti, ma a me il rap non piace. Non c’è più la melodia, non c’è la ricerca dell’armonia. Chi canterebbe in coro certe cose? È un peccato anche per la salute, cantare in coro aiuta a liberare le endorfine…”
Allora in Italia di endorfine ne abbiamo liberate tante intonando i suoi brani magari in spiaggia intorno al fuoco, maestro.
“Eh, vuol finire con un sorriso? Senta questa. Un giorno sono in casa con mia moglie, la radio sta trasmettendo un pezzo di Mina, io ascolto dico: beh, lei è un fenomeno ma anche i versi non sono male”.
Erano suoi?
“Me lo ha gentilmente fatto notare la mia signora…”.