Milano, 20 novembre 2017 - Ogni famiglia è infelice a modo suo. Quello di Michelle Hunziker è raccontato nel libro Una vita apparentemente perfetta appena uscito per Mondadori. Sincera fino in fondo, la bionda showgirl racconta senza reticenze la sua cupa avventura all’interno di una setta di stampo religioso, dal 2001 al 2005.
Perché ha deciso di raccontare proprio adesso la vicenda del coinvolgimento in una setta? «Scrivere è servito a metabolizzare quanto è accaduto. Io sono uscita dalla setta nel 2005, ci sono voluti 12 anni per sentirmi pronta ad affrontare l’argomento. Farlo è stato un modo per ringraziare chi mi ha aiutato e per mettermi a disposizione degli altri, per metterli sull’avviso del pericolo. In Italia esistono più di 600 sette, e 32 in Lombardia».
A cosa è dovuto il fenomeno? «Nel mondo di oggi mancano le certezze, i valori. Soprattutto i ragazzi cercano risposte che non trovano. Quando leggi di ragazzi cresciuti in Occidente che si arruolano nell’Isis ti chiedi: ma sono impazziti? Credo che ciò che li spinge sia il senso di aggregazione, di appartenenza a un gruppo. Quando qualcuno ti dice che non sei degno di amore, sei disposto a qualsiasi cosa pur di averlo».
Nel libro lei attribuisce al capo della setta – chiamata ‘Clelia’ – degli effettivi poteri paranormali. Lei sostiene di aver parlato con uno spirito che sapeva cose che solo lei e suo padre conoscevate... «Io sono molto credente. Credo che esista un ‘mondo sottile’, ma non mi riconosco più in quel mondo. La pranoterapia è riconosciuta dalla scienza, quando Clelia mi toccava io sentivo effettivamente il calore delle sue mani. Ma il problema non è il dono, è la sete di potere».
Lei dice di aver deciso di uscire dalla setta quando sua figlia Aurora, che allora aveva 8 anni, le disse che voleva riavere «la sua mamma bionda e sorridente». «In quel momento ho deciso di cercare ogni soluzione per staccarmi dal gruppo. Ma c’è voluto ancora un anno. È proprio come essere tossicodipendente: puoi farti aiutare quanto vuoi, ma devi trovare dentro di te la volontà di smettere».
Paradossalmente, un aiuto le venne anche dal fatto che il suo ex marito Eros Ramazzotti intentò una causa per avere l’affidamento di Aurora... «Allora credevo in quello che mi dicevano su di lui: che non mi amava, che mi tradiva, che ostacolava la mia carriera. Era un dolore pazzesco perché lo amavo ancora. Ma in seguito ho capito che era un modo per aiutarmi: la minaccia di perdere Aurora mi ha aiutato a uscire dall’incubo. Durante tutta la battaglia legale, però, Aurora è sempre rimasta affidata a me. L’ho sempre tenuta fuori da tutto quello che mi stava accadendo, non ne ha mai avuto sentore. Infatti quando ha letto il libro, è caduta dalle nuvole, non aveva mai sospettato niente. Per lei sono stati quattro anni normalissimi. La mia scelta, il mio cammino spirituale, è stato soltanto mio».
Sia lei nel suo libro sia Antonio Ricci nel suo (Me tapiro, appena uscito), raccontate che nel «gruppo di sostegno» che cercava di aiutarla c’era anche Enzo Biagi. Cosa le diceva? «Innanzitutto cercava di far crescere la mia autostima, perché Clelia mi diceva che il successo era dovuto non alle mie doti, ma esclusivamente al fatto che lei mi fosse vicina. Quando facevo Striscia, quando recitavo a teatro, mi caricavo di energia. Ma appena finito di lavorare rientravo nel gruppo e cominciavano a denigrarmi. Antonio (Ricci, ndr) ha capito la situazione e ha cercato di darmi la certezza che potevo farcela da sola. Mi chiedeva spesso consiglio, su certe cose mi dava completa carta bianca. Lo stesso faceva Enzo (Biagi, ndr): goccia dopo goccia rendeva più forte la mia autonomia. Anche se allora io ero certa che, se fossi uscita dal gruppo, sarei morta».
Quando ha lasciato Clelia e il suo gruppo c’è stata qualche ritorsione? «Mi hanno minacciato di morte. E mi hanno fatto causa per l’agenzia che avevamo fondato. Ma niente di più».
Secondo il suo racconto, lo scopo di Clelia era arrivare a Berlusconi. «A Berlusconi e al Papa. E con Berlusconi c’è arrivata vicinissima...».
Lei sostiene che Clelia aveva ambizioni politiche. «Non tanto Clelia, quanto il suo compagno, Emanuele (che in seguito ha avuto una relazione anche con Michelle, ndr). Emanuele è molto intelligente, molto colto. Clelia, più che entrare in politica, avrebbe voluto controllare la politica. Il meccanismo della P2 era quello a cui ambiva».
È vero che ha due costole in più? «A nove anni soffrivo di tunnel carpale, non riuscivo più a scrivere. I medici non sapevano diagnosticarne con precisione la causa, così mi fecero una radiografia alle clavicole, e scoprirono che avevo due costole in più. Si convinsero che era quella la causa del tunnel carpale e mi operarono: mi aprirono da un lato all’altro, poi constatarono che le costole non c’entravano niente e mi richiusero. Le due costole sono ancora lì».
Scrive che sua mamma aveva «il megafono incorporato». Perché? «In Svizzera giocavo da mattina a sera nel parco. Erano case popolari ma avevano un parco bellissimo. Io giocavo nei tunnel dei bunker – in Svizzera era obbligatorio averli – ma quando veniva sera, mia madre mi chiamava con una voce così potente che la sentiva tutto il vicinato».
Qualche anno fa lei dichiarò di «essersi innamorata» di Claudio Bisio. Era vero? «No, fu una semplificazione giornalistica. Io dissi che mi ero innamorata di lui ma artisticamente. La dichiarazione fu distorta, come purtroppo spesso accade. Quando lavoravamo insieme scambiavamo un sacco di battute con lui ma anche con Gino e Michele, con Giancarlo Bozzo, con tutti gli altri di Zelig. Era strano: in privato vivevo la tragedia della setta, mentre loro con me applicavano davvero la terapia del sorriso. A Zelig trascorrevo due o tre ore di magnifico umorismo, in un’atmosfera di sano cameratismo. Difficile che si ripeta una situazione del genere, era magia pura».