Roma, 6 novembre 2024 – Luigi Pirandello è a bordo del treno che dalla Germania lo condurrà in Svezia. Il giorno dopo, 8 novembre 1934, riceverà a Stoccolma il Premio Nobel per la Letteratura. Durante quelle lunghe ore di viaggio, ripensa alla sua vita costellata di importanti riconoscimenti, ricorda il contestato debutto di quello che diventerà il suo più celebrato capolavoro teatrale, Sei personaggi in cerca d’autore, ma rivede anche quell’inferno familiare segnato dall’incomprensione con i figli, Stefano, Lietta e Fausto, e soprattutto dalla malattia mentale della moglie, Antonietta Portulano, per molti anni rinchiusa in manicomio. E poi l’innamoramento per la giovane attrice Marta Abba, sua musa, ispiratrice di tante opere, ma musa spesso assente, come in questa importante occasione.
Michele Placido rende omaggio al grande drammaturgo agrigentino con Eterno visionario, presentato alla Festa del Cinema di Roma e da giovedì nei cinema, liberamente ispirato al libro di Matteo Collura Il gioco delle parti – Vita straordinaria di Luigi Pirandello. Riservando per sé soltanto il piccolo ruolo di Saul Colin, agente e collaboratore di Pirandello, Placido ha affidato a Fabrizio Bentivoglio il compito di calarsi nella complessa figura di Pirandello, mentre Valeria Bruni Tedeschi si lascia andare alla follia senza freni della moglie Antonietta e gioventù e bellezza di Marta Abba risaltano nell’interpretazione di Federica Luna Vincenti, moglie di Placido, anche produttrice del film e coautrice delle musiche. Nel cast, anche Ute Lemper.
"Non avevo mai pensato di fare un film su Luigi Pirandello, figura straordinariamente sorprendente. Dovevo arrivare a questa età, a 78 anni, per poterci provare”, dice Placido. Ma il suo primo incontro con l’autore del Fu Mattia Pascal è arrivato presto. “A 21 anni avevo deciso di lasciare il lavoro di poliziotto, a Roma, e di provare a entrare all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Allora mi sono messo a studiare L’uomo dal fiore in bocca – racconta Placido – per portarlo al provino per l’ammissione. Avevo già perso mio padre e da quel momento ho considerato Pirandello come una sorta di mio padre putativo”.
Un autore con cui Placido ha continuato a misurarsi, a teatro: dai Sei personaggi in cerca d’autore a Così è se vi pare, e per ben cinquecento e più volte quel testo del primo incontro, L’uomo dal fiore in bocca. Ma ha preferito lasciare a un collega e amico di vecchia data il ruolo di protagonista. E Fabrizio Bentivoglio non ha esitato. “Questo film è il frutto di quarantacinque anni di conoscenza e di condivisione di tutto: dal teatro alla poesia al cinema. Quando giravamo Del perduto amore – ricorda Bentivoglio – la sera andavamo a cena a casa della mamma di Michele e lei diceva che le ricordavo il marito, Beniamino. Quello con Michele è un profondo legame umano, non solo di colleganza. La fiducia incondizionata che mi ha dato, mi ha obbligato a dare il massimo, a non tradirlo. E il mio obiettivo è stato, non ‘fare’ Pirandello, ma esserlo”.
Ammette Placido di essersi preso alcune “licenze poetiche“, le chiama così, ovvero alcune invenzioni che si discostano da una ricostruzione fedele, come la danza sfrenata del personaggio della Figliastra alla prima dei Sei personaggi o il fatto che Pirandello si tingesse i capelli per apparire più giovane. “Quest’ultima cosa l’ho voluta fortemente io. A un certo punto Pirandello – dice Bentivoglio – per potersi avvicinare a Marta, così più giovane di lui, decide di tingersi i capelli. Desideravo che nella scena in cui si guarda allo specchio, gli colasse una goccia di tintura lungo il collo: è una citazione di Morte a Venezia di Visconti”. E dopo il film, Michele Placido riproporrà Pirandello a teatro: debutto a Ferrara a gennaio, e poi in tournée per tre mesi con le novelle Lo sgombero, La carriola e con il suo immancabile cavallo di battaglia, L’uomo dal fiore in bocca.