Roma, 23 luglio 2024 – La medusa ‘uovo fritto’ – per la scienza Cassiopea mediterranea (Cotylorhiza tuberculata) – sta invadendo le coste della Spagna. Ma è pericolosa? E si trova anche in Italia? Lo abbiamo chiesto a Giulia Calogero, presidente dell’associazione Menkab, che opera dal 2010 a sostegno delle attività di ricerca scientifica e di educazione ambientale dedicate al Mediterraneo.
A questo link l’attività dell’associazione Menkab
Cassiopea mediterranea: è pericolosa?
Naturalmente in questi giorni di spiagge affollate e di refrigeranti bagni di mare, la prima domanda che viene naturale farsi è: ma la medusa ‘uovo fritto’ è pericolosa? “No, è innocua – risponde con convinzione Giulia Calogero -. E questo concetto lo abbiamo sempre ripetuto nei nostri programmi di sensibilizzazione. Non solo: è un importante organismo della nostra biodiversità e ospita tra l’altro piccoli avannotti a cui dà un passaggio sicuro”.
La Cassiopea si trova anche in Italia?
Ma la Cassiopea mediterranea dove è presente in Italia? “Da noi in Liguria – risponde l’esperta – è una delle tre meduse assieme alla Pelagia noctiluca, quella davvero urticante, l’unica ad avere un impatto sull’uomo, e al Rhizostoma pulmo o polmone di mare, la grande medusa bianca molto più inoffensiva. La Cassiopea, di solito, arriva nel nostro paese a fine estate. Ricordo che la specie è Mediterranea, quindi autoctona, non aliena. Innocua. Ma ha questo aspetto alieno, sembra un po’ un disco volante, porta la gente a pensare che sia pericolosissima”.
Cosa succede se si cattura una medusa?
E cosa succede se si cattura una medusa? “Ricordo che stiamo parlando di fauna selvatica – risponde la presidente di Menkab -. Quindi è vietato toglierla dal male, la specie è protetta dal codice civile e penale. Uccidere una medusa? Alla fine, è un po’ come uccidere un gatto”.
Come si spiega l’invasione della Cassiopea?
Ma come si spiega l’invasione di questa medusa sulle coste, in questo momento su quelle spagnole? Più che avere a che fare con la qualità dell’acqua, suggerisce Giulia Calogero, la risposta va cercata “nella variazione di temperatura, che potrebbe aver velocizzato il loro ciclo. Condizionando l’ossigenazione dell’acqua e la temperatura, alla fine abbiamo un impatto sul ciclo naturale di questi animali”.