
di Giulia Cangini Tutto cominciò da un portauovo. Ilaria Bianchi era una bambina e fu stregata da quel piccolo oggetto domestico...
di Giulia Cangini
Tutto cominciò da un portauovo. Ilaria Bianchi era una bambina e fu stregata da quel piccolo oggetto domestico di uso comune: un portauovo alla coque. Cominciò così la sua passione per le forme e per i materiali. Oggi Ilaria ha 35 anni e uno studio a Milano. È una designer affermata. Le sue creazioni sono state esposte al Victoria & Albert Museum, alla Triennale di Milano, allo Stockholm Design Fair. Ha ottenuto il WallPaper Design Award nel 2018 e nel 2019 è stata selezionata da AD Italia come una delle ’designer del futuro’. Oggi insegna al Naba, allo IED e al Central Saint Martins di Londra.
Com’è nata la sua passione per gli oggetti?
"Da una suggestione di bambina, il portauovo mi appariva un oggetto tanto funzionale quanto fatato. Ne collezionai a decine e da allora non ho più smesso di percepire il fascino e le potenzialità di forme e materiali".
È figlia d’arte?
"No, mia mamma insegna, papà fa il ricercatore. Ma mi hanno sempre sostenuta".
Lei ha viaggiato molto, le è stato utile nella sua formazione?
"Sì, molto. Mi sono laureata al Politecnico di Torino, ho conseguito un master al Central Saint Martins di Londra, ho vissuto e lavorato in Svezia e in Spagna… La mia sensibilità creativa è il frutto dell’imprevedibile interazione di tutte queste esperienze".
Quanto è diverso l’approccio al Design di Milano rispetto a Londra?
"Diversissimo, ma i due approcci si completano. Il metodo educativo italiano è induttivo, tu sei un bicchiere vuoto che il professore riempie di conoscenze. Il metodo anglosassone è deduttivo, punta allo sviluppo di un pensiero critico, cosa che ho trovato più formativa. Nelle mie docenze universitarie cerco di mixare i due metodi".
Qual’è il filo conduttore dei suoi progetti?
"Sono molto attenta alla sostenibilità, alla scelta dei materiali, a ridurre gli scarti e a sfruttare la materia al massimo delle sue potenzialità. A livello estetico cerco di disegnare il visibile, ma anche l’invisibile: un’alchimia di vuoti e di pieni per raggiungere quell’equilibrio ‘magico’ richiesto dal committente".
Ad esempio?
"Ad esempio, la linea di suppellettili che ho realizzato per Rovinette e quella di diffusori per profumi Essenziale".
Come sono cambiati i committenti?
"Un tempo si affidavano integralmente al designer, oggi vanno su Pinterest e ti dicono: ‘voglio questo’. Ma lo dicono senza avere idea della complessità della progettazione, della natura dei materiali e del budget conseguente".
La tecnologia digitale e l’Intelligenza artificiale aiutano o limitano la creatività del designer?
"Dal punto di vista tecnico, il digitale e l’intelligenza artificiale possono essere di grande aiuto. Io stessa la utilizzo spesso nelle mie creazioni. Ma a fare la differenza saranno sempre la creatività e l’intelligenza umane. Almeno, questo è quel che spero".