Giovedì 26 Dicembre 2024
ANDREA MARTINI
Magazine

Pensavo fosse Troisi, invece era il più grande

Domani Massimo avrebbe compiuto 70 anni. Per ricordarlo il documentario di Martone: "Un comico che faceva ridere e commuovere"

Massimo Troisi in un momento del doc di Martone “Laggiù qualcuno mi ama“

Napoli, 17 febbraio 2023 - "’A sorte e ‘a morte parene duje parole quasi uguale e tutt’e duje venen all’ intrasatta". Versi di una poesia di Massimo Troisi, quanto mai veritiera e profetica perché sia il successo sia la sua scomparsa vennero all’improvviso (intrasatta). L’attore e regista napoletano, che avrebbe compiuto settant’anni domani, ha lasciato un’impronta nel cinema e nella cultura italiana che il tempo non ha minimamente attenuato. Anzi la morte prematura – nel ’94, a 41 anni – ha cristallizzato i caratteri della sua arte.

Troisi avrebbe dovuto girare un film con Mario Martone, subito dopo Il postino o almeno se ne era parlato. Al regista napoletano venne perfino proposta l’idea di un film biografico: si sarebbe dovuto attendere qualche decennio per un frutto ben diverso. Presentato in anteprima alla Berlinale, Laggiù qualcuno mi ama (in sala dal 23 dopo alcune anteprime promesse per domani) è un film che documenta, scopre, illustra, rincorre la figura di Troisi in modo sentito e al tempo stesso esemplare; molto di più di un documento: un atto d’amore guidato dall’intelligenza e dalla sensibilità di Martone.

Naturalmente scorrono le immagini e le sequenze dei suoi film da Ricomincio da tre a Pensavo fosse amore... invece era un calesse, si riconoscono le prime scene comiche della Smorfia, si ascoltano brani di sue stravaganti interviste ma Martone finalizza l’uso dei materiali per mettere in evidenza l’ingegno cinematografico (Troisi ispirato dalla Nouvelle Vague), la sua partecipazione determinata e defilata alle vicende sociali e politiche, il rapporto con la tradizione comica partenopea (Totò, De Filippo) vissuto al di fuori dell’emulazione, la sua perenne autoironia, il suo essere maschera senza portare nessuna maschera, la piega anticonformistica del suo successo.

"La sua principale caratteristica? Massimo era un comico che ti faceva ridere e ti commuoveva allo stesso tempo, qualcosa di molto raro di cui era capace solo Charlie Chaplin", racconta Martone. "Troisi ha dato un valore alla fragilità che non significa affatto essere inferiori, ma casomai essere persone con dentro un mondo che fa più fatica a venir fuori. Una cosa questa – continua il regista – che lo ha fatto amare tantissimo. La sua carriera artistica poi è scandita dall’operazione al cuore nel ‘76, anno in cui nasce anche come artista, fino al Postino, nel ’94. Nel frattempo si può dire che ha condotto una vita bellissima: giocava a pallone, ha avuto tante donne, insomma una bella esistenza nonostante la spada di Damocle della malattia".

In Laggiù qualcuno mi ama alle immagini si intersecano le dichiarazioni: da Ficarra e Picone, da Michael Radford a Sorrentino. Il regista napoletano premio Oscar da ragazzo scrisse una lettera a Troisi, senza avere risposta. Forse l’avrebbe avuta, se non fosse sopravvenuta la morte, con molto ritardo: perché il ritmo vitale di Troisi era la lentezza. Su quella base costruiva la sua comicità: le sue gag erano sorrette da un lento traccheggio temporale che lasciava inizialmente interdetto lo spettatore, subito ripagato dalla sua illuminata parola comica. La stessa lentezza che gli aveva permesso di ripetere tutte le classi del corso di geometra rimanendo sui banchi fino a ventun anni.

Il maggior pregio di Laggiù qualcuno mi ama, che è anche la chiave di volta della sua riuscita, è però aver fatto emergere dall’ombra Anna, la donna che scrisse con Massimo tutti i suoi film (salvo Non ci resta che piangere). Il napoletano Massimo e la piemontese Anna si conobbero all’epoca dei movimenti degli anni ’70, si amarono e non si lasciarono più, almeno professionalmente. La scrittrice Pavignano ha aperto a Martone il suo archivio che contiene tutte le carte di Troisi, non tanto i soggetti o gli appunti di cinema che ci saremmo aspettati, quanto le agende, i diari, le annotazioni. Un prezioso Zibaldone in cui Troisi schizza disegni, anticipa le paure per il primo intervento al cuore, abbozza poesie, annota comportamenti rivelando l’anima pura dei comici che sanno mettere insieme il dramma e il sorriso. In altre parole, che sanno nascondere nel gesto che fa sorridere l’insopita amarezza che lo determina. A Troisi almeno questo possiamo rimproverare. Averci nascosto la musa che stava dietro a tutte le vicende femminili del suo schermo e che probabilmente l’aveva aiutato nel costruire i tratti inimitabili della sua seduzione.