La morte di Marianne Faithfull, avvenuta ieri sera a Londra all’età di 78 anni (li aveva compiuti il 29 dicembre) dopo una lunga lotta con il cancro, lascia un vuoto che avrebbe potuto essere ancora più vasto se la cantautrice e attrice inglese non avesse dovuto lottare in molti momenti della sua vita contro una continua dipendenza dalle droghe (è finita anche in carcere) che ne hanno minato la salute (si è salvata da una overdose) e la voce, melodiosa e armonica che l’aveva lanciata adolescente con As tears go by. Erano gli anni della Swinging London e la bellezza di Marianne non passava inosservata.
I suoi compagni non erano stinchi di santo e vivevano quell’età dell’oro e del glam con tanti eccessi: prima John Dunbar, che aveva sposato giovanissima e dal quale aveva avuto un figlio (più tardi convolerà a nozze con il musicista Ben Brierly e con l’attore Giorgio Della Terza), e quindi soprattutto Mick Jagger, che l’ ha ricordata così: "Sono molto triste per la morte di Marianne Faithfull. Ha fatto parte della mia vita per così tanto tempo. È stata una magnifica amica".
La storia con il frontman dei Rolling Stones, durata dal 1965 al 1970, l’ha segnata non solo perché amava profondamente la rockstar, ma anche perché con lui – e gli altri componenti della band – condivideva cocaina e alcol in un mix eccitante ma doloroso allo stesso tempo.
Era stato il manager dei Rolling, Andrew Loog Oldham, a notarla in un locale nel 1964 e a portarla nell’orbita di Jagger e soci. As tears go by fu il primo singolo di una serie che entusiasmò il pubblico londinese e non solo e che l’anno successivo entrò nel primo album di Marianne, che portava nel titolo solo il suo nome, e che comprendeva altre hit come If i never get to love you di Bacharach o They never will leave you e altre. Ma fu la prima – che Jagger, Richards e Oldham avevano cucito addosso a quella biondina che sembrava fragile e sorridente di fronte alla vita – a farla diventare subito una diva, con tutti i pericoli del caso. Eppure la Faithfull in seguitò dichiarò di non amare As tears go by, perché rappresentava "un’anima troppo commerciale".
Fra alti e bassi, fra lunghe pause dovute alla droga e a un brutto momento nel quale visse quasi da barbona nel quartiere di Chelsea, verranno altri album assai significativi, ma solo nel 1979, con Broken English e la struggente canzone che gli dà il titolo – e con una notevole versione di Working class hero di John Lennon – il successo sarà di nuovo strepitoso, anche se la voce si fa meno dolce e più rauca, più intimista e meno swinging.
Se la carriera di cantautrice ha fatto di Marianne una icona, quella cinematografia è altrettanto significativa soprattutto per un ruolo che verrà solo in piena maturità, nel 2007, ma che dimostra la profondità della donna che mette se stessa al servizio di un personaggio che si chiama Maggie ma che prende il nome d’arte di Irina Palm – è il titolo della pellicola. In una Londra in crisi – e qui Sam Garbarski fa un po’ il Ken Loach – è una nonna che non trova lavoro e per guadagnare i soldi che le permetteranno di salvare il nipotino affetto da una malattia rara, che solo in Australia possono operare, non potendo contare sull’assicurazione accetta un lavoro in un sexy shop dove da dietro un muro “intrattiene“ i clienti e ascolta i loro sfoghi macerando dentro di sé il proprio sconforto. Un’interpretazione che le varrà la nomination agli Oscar europei.
Ventenne, Marianne aveva comunque debuttato con Jean-Luc Godard in Una storia americana; poi è stata diretta da Gus Van Sant (Le Marais, episodio di Paris, je t’aime) e Sofia Coppola per la quale è la mamma di Maria Antonietta nell’omonimo film. Nel mezzo titoli come Nuda sotto la pelle, Shopping, Hamlet, Intimacy. Una carriera dunque balbettante, ma determinante; una presenza scenica importante per questa londinese che aveva iniziato come modella e che "ci mancherà tantissimo" come ha sottolineato la famiglia dando la notizia della morte.
Una vita "movimentata" anche ai suoi albori: Marianne era la figlia di un maggiore dell’esercito inglese, si suppone anche spia, che poi insegnò letteratura italiana al Bedford College, e della baronessa austriaca Eva von Sacher-Masoch (il loro divorzio la turbò molto), nipote di quel barone Leopold autore di saggi e romanzi soprattutto erotici, come Venere in pelliccia: a lui si deve l’invenzione del termine "masochismo". E forse di questo un po’ ha sofferto la Faithfull che rimane comunque la musa di un’epoca d’oro.