Marco, finalmente. Ci sono voluti sette anni perché Masini sciogliesse le vele delle sue canzoni per tornare a collezionare storie. Quelle racchiuse in 10 amori l’album che lo riporta al suo pubblico e che presenta nello studio di Soundcheck, il format musicale del nostro giornale, online sui nostri siti e sui nostri social. "Anche se al netto di quel Covid che ci ha stravolto le vite, sono cinque" ammette lui, classe ’64. "A questi andrebbero poi sottratti i due anni necessari a recuperare il tour fermato dalla pandemia e i due degli show con Panariello. Quindi per registrare il disco me n’è rimasto, di fatto, uno solo, anzi, un paio, visto che le prime cose ho iniziato ad abbozzarle già durante l’ultima tranche del tour con Giorgio".
L’esperienza con Panariello cosa le ha lasciato?
"Ci conosciamo dall’85 e una volta che sei amico nella vita esserlo pure sulla scena è facile. Salvo qualche apparizione sporadica, come quella al compleanno di Francesco Nuti nel 2014, non c’era mai capitato di lavorare assieme. Lui mi ha insegnato a rispettare i tempi teatrali, mentre Giorgio da me ha forse appreso quali tecniche musicali si adottano nel mondo del live".
Il testo di Parlare al futuro dice: "…una vita che odora di vero mi fa più paura che stare da solo…".
"Racconta una storia che non è la mia. Fin dagli anni Novanta, infatti, nelle canzoni ho cercato di rappresentare suggestioni, paure e stati d’animo diversi, in cui ognuno possa trovare magari il suo. E quella frase penso racchiuda la sensazione di tanti ragazzi che con computer, videogiochi e social si sono sempre più rinchiusi tra quattro pareti. Ed è proprio questo isolamento, credo, alla base di tanta rabbia e tanta confusione che c’è in rete. Da soli si è molto più aggressivi perché si ha paura di noi stessi e di quel che c’è fuori".
La meraviglia e lo sbaglio più grandi di questi suoi sessant’anni?
"La meraviglia sicuramente è stata quella di passare, grazie a Sanremo, da esibizioni al pianobar davanti a 25 persone di una certa età a concerti con 11mila quindicenni osannanti. Lo sbaglio più grande, probabilmente, credere che questa forma sarebbe rimasta quella definitiva senza fare i conti con la relatività del successo".
Tre idoli assoluti della sua vita a cui ha stretto la mano.
"Giancarlo Antognoni, Roberto Baggio e Quincy Jones. L’incontro con Jones avvenne a Budapest, dove entrò nel mio camerino per conoscermi e chiedermi di salutargli Giancarlo Bigazzi. Già, perché se anche Bigazzi s’è fermato all’Italia a causa della poca voglia di volare, la sua fama è arrivata lontano, trasformandolo in un eroe della discografia per Quincy Jones come per i Toto, per Greg Ladanyi come per Giorgio Moroder".
Il 18 ottobre 2025 sarà in concerto al Palazzo dello sport di Roma, il 25 ottobre al Forum di Assago e il 25 a Mandela Forum di Firenze.
"Abbiamo scelto le arene di tre città che hanno significato qualcosa d’importante nella mia vita perché sopra e sotto al palco ho intenzione di creare un’atmosfera anni Novanta riportando tutti a quei tempi. Milano c’è perché il mio percorso artistico è iniziato qui. Roma perché attraverso il cinema sono riuscito a dare anche colore a certe immagini che avevo dentro grazie alle colonne sonore realizzate alla fine degli anni ’80 grazie soprattutto a film come Mery per sempre e Ragazzi fuori. Firenze perché m’ha visto nascere, crescere e trasformarmi nell’uomo di oggi".
Qual è l’ospite che vorrebbe avere sul palco con lei nelle cattedrali dello sport?
"Probabilmente Umberto Tozzi, perché è con lui che sono nato, e poi Eros Ramazzotti, perché per me è un fratello che ha preso le mie difese e mi è stato molto vicino nei momenti di difficoltà. Gli voglio un bene dell’anima".