Venezia, 11 novembre 2024 – Il Teatro La Fenice ha riproposto, ad apertura di stagione, al Teatro Malibran un titolo molto raro di Gian Francesco Malipiero, “La vita è sogno”, tratto dal capolavoro barocco di Calderon de la Barca in scena fino a ieri 10 novembre. Il teatro ha confermato così la fedeltà al compositore veneziano (in scena soprattutto qui e al Comunale di Firenze per le sue produzioni operistiche) presente nelle produzioni della Biennale e di cui nel 2012 erano state proposte le “Sette canzoni”. L’opera era stata presentata in prima assoluta a Poznan nel 1943; all’epoca della dominazione tedesca della Polonia la città aveva cambiato il proprio nome in Breslau.
Il clima del conflitto è quello che risuona in una partitura cupa, che usa i toni della tragedia per narrare l’apologo sul potere di un principe rinchiuso dal padre alla sua nascita in una torre, perché la madre aveva sognato di una creatura mostruosa che avrebbe ucciso il re. Il lavoro era stato presentato nel teatro veneziano nell’aprile del 1944, in una produzione di guerra di cui il compositore aveva firmato la regia, per la direzione di Armando La Rosa Parodi. Malipiero, secondo la sua personale visione del teatro musicale, firmava anche il libretto, che condensa in modo radicale la complessa struttura del testo originale, portando il dramma a uno svolgimento sintetico, in cui il conflitto tra il principe e il re perde di impatto drammatico, per diventare una riflessione sul potere assoluto, in un momento storico di piombo e sangue. Nella partitura sono magnifiche le parti corali, che introducono alla dimensione della vita onirica, a cui infine il principe si dichiara fedele.
Malipiero in questo suo lavoro, compiuto nel 1941 chiudeva un ciclo di opere di ispirazione classica, dopo l’episodio controverso della magnifica "Favola del figlio cambiato”, su libretto di Luigi Pirandello, che nel 1932 al Teatro dell’Opera di Roma fece infuriare Mussolini, che si vide deriso in questo amaro apologo sul potere. Aveva infatti messo in musica “Giulio Cesare” (1937), “Antonio e Cleopatra” (1937) e “Ecuba” (1940). La riproposta oggi de “La vita è sogno” permette di verificare un episodio dimenticato di una delle più interessanti produzioni di teatro musicale nel Novecento europeo. Il direttore Francesco Lanzillotta ha concertato con grande chiarezza una partitura complessa che ha spesso una risonanza cameristica, come egli stesso indica nell’intervista nel programma di sala. Nel cast in primo piano Leonardo Cortelazzi (il principe), che affronta il difficile ruolo con sicurezza, Riccardo Zanellato (il re) e Francesca Gerbasi (Estrella). La regia di Valentino Villa punta a un barocco in grigio e nero, con gli eleganti costumi di Elena Cicorella, puntando su una efficace scenografia rotante di Massimo Checchetto, in cui il carcere cupo della torre e il palazzo reale appaiono e scompaiono, prendendo l’aspetto di un laboratorio scientifico, in cui un astronomo scruta con un telescopio la macchina del cielo, come per comprendere i cupi presagi di cui il testo di Calderon parla ossessivamente.