Venerdì 21 Marzo 2025
REDAZIONE MAGAZINE

Maledetta timidezza

Storie di donne. Deluse e vittime di se stesse oppure ferite, ma capaci di voltare pagina e ricominciare daccapo

Rita Pavone

Rita Pavone

Storie di donne. Deluse e vittime di se stesse oppure ferite, ma capaci di voltare pagina e ricominciare daccapo. All’universo più complesso e composito del Pianeta Rita Pavone ha dedicato il suo Gemma e le altre, donne ferme, donne che camminano, edito da La Nave di Teseo. "Un libro – esordisce – nato da un omonimo album del 1989, rimasterizzato di recente, dove avevo messo in musica vicende femminili, cariche di inquietudine, felicità, dolore e rabbia. Tra tradimenti e rivincite affioravano anche racconti di amori ’diversi’, considerati all’epoca socialmente inammissibili". Una prova di scrittura, pienamente riuscita, affrontata con elevatissimo senso di responsabilità. "Quando un’intellettuale del calibro di Elisabetta Sgarbi mi ha proposto di dare forma letteraria alle storie cantate nel disco – sottolinea la poliedrica artista – mi sono chiesta ’Sarò capace?’ Anni fa scrissi un’autobiografia, ma fu più semplice perché parlavo di me stessa. Con Gemma e le altre ho affrontato invece un processo creativo, piuttosto impegnativo".

Signora Pavone, i sentimenti rappresentano un tema centrale dei suoi racconti. Lei vive da 57 anni un matrimonio inossidabile. Ha qualche buon consiglio in tempi di relazioni fragili? "(Sorride) Non ho suggerimenti da dare, incontrare la persona giusta è solo una questione di fortuna. In presenza di circostanze sfavorevoli bisogna però avere la forza di lottare e di difendere la coppia. Quando io e Ferruccio (Teddy Reno ndr) ci siamo messi insieme avevamo tutti contro. La stampa scriveva che la nostra relazione sarebbe durata lo spazio di una canzone. Il giorno in cui il mio futuro marito venne a chiedere la mia mano, mio padre – contrario alle nozze a causa dei 19 anni che ci separavano – lo spinse giù per le scale, tanto che Ferruccio si ruppe un gomito. Abbiamo combattuto, ma siamo ancora insieme, noi e i nostri due figli meravigliosi".

Il successo le ha sorriso dopo una gavetta durissima, cosa pensa dei moderni talent? "Da un certo punto di vista sono una buona opportunità poiché consentono ai giovani artisti di apprendere in fretta tante cose. In assenza di un solido repertorio alle spalle, è però difficile mantenersi sulla cresta dell’onda. Un rovescio della medaglia che può portare alla depressione o a conseguenze ancora più gravi. All’inizio della mia carriera ho dovuto invece sudare, imparando faticosamente a cantare di tutto".

Nell’immaginario di diverse generazioni lei incarna ancora il mito di Gian Burrasca. Cosa ricorda di quell’esperienza? "Quando Lina (Wertmüller ndr) mi chiamò, nel lontano ’64, ebbe il suo da fare per convincermi. Ero in crisi, avevo tagliato i capelli corti come Audrey Hepburn, ma mi sembrava di assomigliare a un maschietto. L’idea di interpretare un ragazzino non mi andava proprio a genio. Lina allora mi fece vedere un film dove la grande Katherine Hepburn recitava vestita da uomo dicendo ’Se vuoi diventare un’attrice devi imparare a calarti in tutti i personaggi’. Fu così che accettai. Un’altra esperienza indimenticabile, anni dopo, è stata calcare le scene a teatro nella ’Dodicesima notte’ accanto a mostri sacri come Franco Branciaroli, Renzo Montagnani e Pino Micol".

Lei trasmette una grande energia. È così anche nella vita di tutti i giorni? "(Ride) No, convivo da sempre con la Pavone, grintosa sul palcoscenico, e la Rita che ama starsene tranquilla tra le pareti domestiche. Quando sono a casa curo le piante, esco raramente e mi impigrisco. Ho viaggiato quasi esclusivamente soltanto per lavoro. Prediligo la quiete familiare, accanto a Ferruccio e ai ragazzi. Pensi che quando sono in giro i miei uomini non fanno stirare le loro camicie alla signora che ci aiuta perché preferiscono sia io a farlo. Sa, ho una solida esperienza in materia. A dodici anni lavoravo in una stireria per dare una mano ai miei genitori...".

C’è qualcosa di se stessa che proprio non sopporta? "Sembra incredibile, ma vorrei essere meno timida. A volte, quando per strada o al ristorante mi riconoscono, chino il capo desiderando di scomparire. E quando capita mi piacerebbe tanto assomigliare alla Pavone...".