Venerdì 14 Febbraio 2025
ANDREA SPINELLI
Magazine

Mahmood: "Un italiano vero all’Eurovision"

Il vincitore di Sanremo verso la sfida di Tel Aviv: "Farò fare bella figura al mio Paese"

Mahmood a Il Giorno (Newpress)

Roma, 27 aprile 2019 - Braccato nel dedalo di vicoli "con cento sirene negli angoli" del nuovo singolo di Charlie Charles Calipso, Mahmood (pseudonimo di Alessandro Mahmoud, nato a Milano 26 anni fa da madre italiana e padre egiziano) torna in alta classifica. Merito del produttore di Soldi, che s’intesta la titolarità del brano, ma anche di compagni d’avventura come Sfera Ebbasta, Dario “Dardust” Faini e Fabri Fibra. Il pezzo ha fatto irruzione ieri nelle radio, mettendo un primo tassello importante alla compilation dell’estate. Il vincitore di Sanremo è venuto a parlarne in redazione.

Mahmood, non male come ripartenza.

"Beh Calipso è la mia prima partecipazione importante dopo il Festival. Un pezzo lavorato da professionisti come Charlie, Dario Faini e Davide Petrella, anche se io, Fibra e Sfera ci abbiamo messo del nostro. La felicità di esserci è data dalla caratura del cast e dal peso specifico della canzone; credo, infatti, che nella musica italiana si stia creando una nuova wave, una nuova onda, e Calipso ci surfa sopra". 

Con l’occhio puntato alle classifiche da spiaggia e ombrellone.

"Penso che Calipso, con la sua freschezza e il suo carattere internazionale, possa un po’ cambiare gli schemi della classica hit estiva".

C’è un’Italia migliore di quella che viene raccontata. Pure nelle canzoni?

"Sono il primo a dire che non bisogna far di tutta l’erba un fascio. Solo ora che ho una certa visibilità comincio a sentirmi straniero nel mio paese, appartengo a una generazione multiculturale, abituata a non fare differenze; fluida sia per etnia sia per orientamenti sessuali. A me piace sentirmi parte di un’Italia così".

Con i suoi 26 anni, lei fra i tre finalisti del Festival era il più vecchio. Segno che Sanremo è cambiato anche anagraficamente?

"Dopo questa edizione, vale tutto. E indietro non si torna. Con Achille Lauro, gli Zen Circus, Motta, Ghemon, me, il palco dell’Ariston si è aperto a una libertà musicale che prima non aveva. E l’idea di aver vinto il Festival della svolta mi riempie d’orgoglio". 

“Gioventù bruciata”, il brano portato a Sanremo Giovani, e “Soldi” parlano entrambi di suo padre.

"Mi ci sono voluti due pezzi perché il messaggio andava diviso; uno si portava dietro la sua carica di rabbia, mentre l’altro era più fotografico, descrittivo. In realtà la considero un’unica canzone divisa in due. Non credo che scriverò più di questo argomento; insistere su una cosa così privata potrebbe far sorgere in qualcuno il sospetto che ci voglia marciare sopra". 

Parliamo dell’intervista del “New York Times”. Cosa vogliono sapere gli stranieri da lei?

"Visti i tempi che stiamo vivendo, sono incuriositi da come abbia fatto Mahmood a vincere il Festival della Canzone Italiana. Forse la cosa ha contribuito a fargli capire che, al di là delle scelte politiche, non siamo poi una società chiusa". 

A Sanremo ha portato se stesso, a Tel Aviv, davanti alle telecamere dell’Eurovision, dal 14 maggio, porterà l’Italia.

"Penso che il trucco stia nel vivermela come all’Ariston, senza star lì a pensare troppo alle responsabilità. D’altronde il pezzo racconta la mia storia e devo pensare a rappresentare me stesso al 100%. Se ci riuscirò, farà bella figura pure l’Italia". 

All’Eurovision la lingua è importante. In rete è diventata virale la sua risposta alla domanda in inglese stretto di un intervistatore straniero.

"Ho risposto tranquillamente a tutto il resto, ma quella domanda non l’ho proprio capita… perché non aveva senso. Chiedeva, più o meno, se è importante la lingua nelle mie canzoni. Che significa? Mah".