Giovedì 20 Marzo 2025
Manuela Santacatterina
Magazine

Maccio Capatonda in crisi: “Benvenuti nella Sconfort Zone”

Da oggi su Prime Video la serie di Capatonda: “Interpreto me stesso mentre sto attraversando una débacle creativa. Come nella realtà”

Maccio Capatonda

Maccio Capatonda

Roma, 20 marzo 2025 – “Emozionato? Ora che sono arrivato qua un po’ sì. Ma è un’emozione positiva”. Incontriamo Maccio Capatonda, al secolo Marcello Macchia, nella sala di un cinema di Roma qualche ora prima della presentazione della sua nuova serie, Sconfort Zone, prodotta da Banijay Italia in collaborazione con Prime Video. Sei episodi da oggi sulla piattaforma in cui interpreta se stesso mentre attraversa un periodo di profonda crisi, personale e professionale. Ad aiutarlo un luminare della psicologia che promette di curarlo con una terapia d’urto.

Lascia i suoi personaggi storici alle spalle. Liberatorio?

“Ho sentito l’esigenza di evolvermi, di seguire un istinto che mi diceva di fare una serie in cui raccontare qualcosa di più autentico e crudo. Ma non c’è una volontà di metterli da parte. Voglio solo seguire la mia naturale evoluzione adattandola alla comicità”.

Quando ha presentato la serie a Prime Video era agitato?

“All’inizio c’è stato un po’ di stupore da parte loro. Non se l’aspettavano così. Ma è giusto che un artista segua il suo istinto, altrimenti non può fare questo lavoro”.

Da anni si muove tra medium differenti. Ha paura che qualcuno, come nella serie, le dica: “Torna a fare il comico”?

“Voglio fare un tipo di comicità che sia diversa e rispecchi la mia persona. Forse, in certi casi, l’etichetta di comico mi sta un po’ stretta. Non mi sento solo quello. Voglio esplorare nuovi generi e possibilità di linguaggio mischiandoli alla comicità”.

In Sconfort Zone riflette sul successo. Cosa le ha tolto?

“Certe volte la capacità di apprezzare il tuo lavoro che è la tua passione. Ti può allontanare dalla sorgente per cui fai le cose, toglierti l’ispirazione”.

Anche lei ha avuto una crisi creativa?

“Paradossalmente mi è successo mentre scrivevo la serie. Ero in crisi totale, ho avuto ripensamenti fino a un mese prima di girare. Era un loop: dovevo scrivere una serie in cui non avevo ispirazione e non avevo ispirazione per scrivere la serie”.

Mai stato in terapia?

“Quando dovevo scrivere il primo film, Italiano medio, ho avuto un’altra crisi creativa. Sono andato da uno psicologo lacaniano, ma dopo due sedute ho smesso. Fortunatamente ci sono i giornalisti che mi fanno le interviste. Mi fanno da terapia”.

Altro?

“Le meditazioni Vipassana, una tecnica di origine buddista. Sono ritiri in cui stai in silenzio. Ne ho appena fatto uno in Svezia”.

La creatività nasce da una situazione di confort o sconfort?

“Da entrambe le cose. Probabilmente la vera creatività non nasce quando sei in una condizione di disagio, ma quando l’hai vissuta e la stai superando. Quando stai sempre troppo bene, invece, dai tutto per scontato. Un altro problema del successo. Ti allontana da una prospettiva anche comica sulla vita”.

Nella serie chiede consiglio a Fru, Edoardo Ferrario e Valerio Lundini. Anche nella realtà si confronta con i colleghi?

“Sì, ma non parliamo di lavoro. Le cose che scrivo partono sempre da presupposti molto crudi o satirici sulla società. E magari queste idee spietate vengono fuori con i colleghi. Forse è una condanna di chi fa questo lavoro. Ogni esperienza, evento o chiacchiera la vivi come una possibile fonte di creatività”.

Il futuro?

“Sto lavorando a un progetto teatrale. Un altro limite che voglio valicare. E poi vorrei fare qualcosa più tendente all’horror”.