di Giovanni Bogani
Una storia che sembra un film. La storia di un’offerta "di quelle che non si possono rifiutare". Al tavolino di un caffè, a Roma, ci sono due personaggi, due leggende, ognuno nel suo campo. Siamo nell’ottobre del 1948. Uno è un grande regista, corpulento, un orco. Mastica un sigaro, beve whisky, ama le donne, ha 33 anni e ha già fatto la storia del cinema: si chiama Orson Welles. Ma il più pericoloso è l’altro: un gangster, dalla faccia butterata dal vaiolo, con una cicatrice lungo la gola. Una volta gliel’hanno tagliata, da un orecchio all’altro, lasciandolo sul selciato. Lo credevano morto, ma non lo era: per questo lo chiamano Lucky Luciano. Il fortunato. Un po’ come Ciro l’Immortale. Ha 51 anni.
Orson Welles è l’autore di Quarto potere (1941), il film più celebre del secolo. Ma è anche un dissipatore, di sé e del suo talento, fra le ore piccole nei night di Roma e film girati per soldi, non per amore. Lucky Luciano era, come migliaia di altri, un ragazzo siciliano poverissimo: sbarcato negli Stati Uniti, si è fatto strada in fretta, gestendo bische e bordelli, trafficando stupefacenti, contrabbandando alcol durante il Proibizionismo, e organizzando l’omicidio del suo stesso capo, Giuseppe “Joe“ Masseria. Ama i bei vestiti, è amico di Frank Sinatra e dell’attore George Raft. Si dice che, grazie ai suoi contatti con i capi del separatismo siciliano, abbia facilitato lo sbarco degli Alleati in Sicilia nel luglio 1943: per questo motivo lo avrebbero graziato, e lasciato libero di imbarcarsi su una nave per l’Italia.
Vive fra Roma, Capri e Napoli. Continua a gestire i suoi traffici con modi molto creativi: ha fondato anche una fabbrica di confetti, in cui l’eroina prende il posto della mandorla. S’incontrano. E sta per nascerne un film. Orson Welles regista, e attore: nel ruolo di Lucky Luciano.
Come ricorda Alberto Anile, in un documentato articolo per il sito wellesnet, era lo stesso Orson Welles a raccontarlo. "Sono stato inseguito per tutta l’Italia da Charles Luciano: voleva convincermi a realizzare la storia della sua vita. Avrei dovuto dirigerla e interpretarla", raccontava alla sua biografa Barbara Leaming. Welles lo raccontò di nuovo al regista e amico Peter Bogdanovich: "A Roma e a Napoli, Luciano e la sua banda avevano l’abitudine di venirmi a trovare. Prendevo un caffè all’hotel Excelsior, e Luciano si sedeva al mio tavolo. ‘Non ti piacerebbe fare un film su di me, Orsten?’, mi diceva. Sbagliava sempre il mio nome. E io: sì, certo, mentre facevo cenni disperati per chiedere il conto…"
Ma Orson Welles le sparava grosse. Dopotutto, era diventato famoso, nel 1938, gettando nel panico milioni di americani, quando alla radio finse di dare la notizia di un’invasione degli alieni, mentre invece stava recitando La guerra dei mondi del suo quasi omonimo H.G. Wells. Ma a provare che quell’incontro è esistito davvero c’è un documento del 1948, un rapporto americano dell’Fbi desecretato, conservato dallo storico siciliano Giuseppe Casarrubea.
Lucky Luciano nel 1948 veniva tenuto sotto controllo dall’Fbi. Uno dei poliziotti che lo sorvegliavano, Henry L. Manfredi, scrive: "Il gangster ha parlato di un futuro incontro con l’attore Orson Welles, che al momento risiede all’hotel Excelsior di Roma". E aggiunge: "Luciano sta facendo una grossa offerta per penetrare all’interno dell’industria cinematografica italiana".
E allora viene in mente che forse non si trattava solo di vanità, del desiderio di vedersi sul grande schermo. Ma di un disegno più ampio: mettere le mani su un business importante. All’epoca, Cinecittà stava per diventare la “Hollywood sul Tevere“, accogliendo produzioni, registi, attori e milioni di dollari americani. Il cinema poteva essere la nuova frontiera di Cosa nostra. Quel film però non si fece.
Lucky Luciano continuò a pensare ad un film sulla sua vita. E trovò un produttore, Martin Gosch, che gli offrì centomila dollari per raccontarla. Era il 1961: i due si incontrarono diverse volte. Anche se Cosa nostra non gradiva l’idea di un film con nomi e cognomi. Il boss Meyer Lansky scrisse un biglietto al produttore, consigliandogli di lasciar perdere. Nel gennaio 1962, Luciano e il produttore dovevano incontrarsi all’aeroporto di Capodichino. Fecero in tempo a scorgersi. Poi Luciano crollò a terra, fulminato da un infarto. O forse, anche questa è una storia ancora da raccontare.