Papini
"Volevo raccontare quello che qui non viene raccontato, cosa succede dall’altra parte del Mediterraneo. In fondo dalla Tunisia all’Italia ci sono 160 chilometri, veniamo da qualche secolo di scambi culturali, eppure è una realtà che non si conosce". Takoua Ben Mohamed, italiana di origine tunisina, vive a Roma dal 1999 e comincia a fare fumetti per colmare quel vuoto di conoscenza (dove spesso la conoscenza è sostituita dal pregiudizio e dagli stereotipi) che c’è sul suo Paese di origine. Fumettista, illustratrice e graphic journalist che ha documentato ingiustizie e conflitti in varie parti del mondo, è uno dei nuovi talenti del fumetto nordafricano che rappresenta efficacemente insieme all’egiziana Deena Mohamed e alla marocchina Zainab Fasiki protagoniste della mostra Kalimatuna, le nostre parole di libertà (curata da Veruska Motta e Annalisa Quilici) in corso fino a domani a Palazzo Ducale di Lucca, uno dei fiori all’occhiello di questa edizione di Lucca Comics & Games – che vede come media partner le nostre testate.
Tre storie diverse, stili differenti, ma tanta voglia di raccontare a fumetti i tumulti degli ultimi anni, le speranze tradite, le battaglie di libertà e autonomia che toccano le donne doppiamente rispetto a tutti i cittadini.
"Vogliamo essere donne libere di scegliere come vestirci, cosa indossare, che religione seguire ed è difficile nel nostro Paese – dice Fasiki – e i fumetti sono un mezzo potente. Io tengo anche dei workshop per studenti delle superiori, perché gli adolescenti sono l’obiettivo di fascismo e razzismo, l’obiettivo di chi diffonde odio. Leggere è uno strumento fondamentale per combattere". L’obiettivo iniziale non è sempre quello di voler lanciare messaggi contro l’ingiustizia, come spiega Deena Mohamed (che affronta, tra gli altri, temi come la misoginia e l’islamofobia): "Io ho cominciato perché mi piaceva disegnare, volevo creare qualcosa di artistico in sé, non perché arriva dall’Egitto. Ci sono tanti ottimi artisti in Egitto e vorrei fossero rivalutati. Voglio creare qualcosa che mi piace e poi ovviamente mandare il mio messaggio, le mie opinioni. Quando vedo una mostra come questa in cui si parla di libertà, sono contenta perché ce n’è bisogno in un periodo in cui la libertà sta scomparendo".
La libertà da conquistare e da difendere è in fondo a un cammino difficile, a volte drammatico come sa bene Fasiki, che vive a Malaga dopo aver subito minacce in Marocco (per i suoi lavori sulla sessualità e i diritti delle donne), da parte di un gruppo di fondamentalisti islamici. L’hanno inserita in una "lista di morte", pubblicata online, di 22 femministe marocchine con le loro informazioni personali. "Ognuna di noi ha ricevuto minacce di morte. Me ne sono andata, ma sono felice perché li faccio arrabbiare con il mio lavoro: non è il mio obiettivo ma vuol dire che racconto storie vere".