Venerdì 22 Novembre 2024
DORIANO RABOTTI
Magazine

La missione di Loris Capirossi, il campione che salva le vite. "Per strada troppe insidie dobbiamo correre di meno"

I consigli del fuoriclasse che si occupa di sicurezza sui circuiti a favore dei piloti del Motomondiale. Nonostante l’evoluzione tecnologica i pericoli sono dietro l’angolo

Il campione Loris Capirossi

Il campione Loris Capirossi

Vuoi sapere la verità? Io che ho corso su tutte le piste del mondo a 300 all’ora, ho più paura quando giro sulle nostre strade". Loris Capirossi è stato campione del mondo tre volte, sulle moto. Oggi si occupa della sicurezza dei circuiti del Motomondiale: da ex pilota, capisce benissimo le esigenze dei suoi ’colleghi’. E sa anche che paradossalmente le piste sono diventate i luoghi più sicuri dove girare, in moto o in macchina. Il numero degli incidenti stradali gravi o mortali è stato altissimo nel 2023. L’ex campione è la persona indicata per cercare qualche soluzione, per dare consigli utili per arginare uno dei grandi problemi della nostra società.

Il campione Loris Capirossi
Il campione Loris Capirossi

Capirossi, davvero ha più paura adesso?

"Assolutamente sì, uno abituato a correre in pista quando è per strada vede mille pericoli dappertutto, anche a velocità molto più basse. Su un circuito io conosco gli avversari, fuori invece ce ne sono di tutti i tipi in ogni angolo. E non so mai come si comporteranno gli altri".

Il mondo delle corse ha aiutato a migliorare le moto, ma anche la sicurezza.

"Vero. Tutto lo sviluppo effettuato in pista viene poi portato sulla strada, anche la parte che riguarda le moto aiuta moltissimo perché avere un’erogazione più morbida o un controllo maggiore rende più facile la guida. Ci sono freni eccezionali, sulle moto di oggi. Ma questo non toglie che devi sempre tenere aperti cinquanta occhi, anche quando viaggi entro i limiti".

Anche i dispositivi di sicurezza sulle tute aiutano.

"Soprattutto gli air-bag hanno permesso di aumentare molto la sicurezza di chi guida, si è lavorato molto anche sull’omologazione dei caschi, sui guanti, sugli stivali: in ogni settore i progressi hanno aiutato a migliorare la sicurezza, la tecnologia è andata avanti tantissimo".

Ci sono elementi della sicurezza delle piste che si possono trasferire sulle strade?

"Quando omologhiamo una pista noi prendiamo in considerazione le peggiori condizioni teoriche possibili, per esempio gli spazi di fuga necessari per una caduta sul bagnato che sono maggiori rispetto a quelli sull’asciutto. È chiaro che non si può rifare l’asfalto di tutte le strade come quello di una pista, ma alcune cose sarebbero abbastanza facili da replicare".

Per esempio?

"Per esempio i prodotti usati per disegnare le strisce dei passaggi pedonali o del bordo della carreggiata. Noi usiamo vernici speciali che non sono scivolose, non costano molto di più di quelle adottate sulle strade: se le strisce fossero fatte con quelle vernici, sarebbe già un passo avanti".

Aiuterebbe anche non provare ad imitare voi campioni, anche se lo spirito di emulazione è una spinta fortissima.

"Io non mi stancherò mai di ripeterlo: non fate assolutamente quello che vedete fare in pista, quello che vedete in televisione accade in un recinto di sicurezza che nelle strade non c’è. Non imitate i piloti. Io vado ancora in moto e mi godo il paesaggio, quando non devo chiudere gli occhi perché vedo condizioni di sicurezza precarie. La moto dà la possibilità di godersi cose che con l’auto sfuggono, ma lo dico sempre ai ragazzi quando li incontro nelle scuole: dovete andare piano".

E loro ascoltano?

"La cosa più difficile è trovare un linguaggio comune, perché il rischio è quello di essere ai loro occhi i soliti adulti che vogliono dare lezioni, e loro agli adulti non credono più. Oggi che sono più grande è più difficile, mi aiuta aver vinto i mondiali: magari vanno a casa e i genitori si ricordano di me, quindi dopo si fidano di più".

Rispetto ai ’nostri’ tempi, ai ragazzi manca l’esperienza della strada: era una palestra.

"Hanno altri interessi. Io contavo i giorni che mi separavano dai quattordici anni, e intanto smanettavo in officina, la mia infanzia è stata tutta uno smontare e rimontare pezzi. Ma ritengo che non sia sbagliato insistere, andare nelle scuole a parlare con i ragazzi per spiegare quali sono i comportamenti corretti da tenere, che cosa rischiano".

In pista il rischio zero è impossibile da raggiungere. Negli ultimi anni però gli incidenti più frequenti sono stati nelle categorie inferiori o amatoriali.

"Questo è un tasto importante. A livello mondiale gli incidenti fatali sono ormai pochissimi, le misure di sicurezza sono molto migliorate, rimane una parte impossibile da prevedere e gestire, ovvero quando un pilota viene investito. Il problema dei campionati di livello più basso è che vi partecipano persone che magari dal lunedì al venerdì sera lavorano, poi salgono nel weekend su una moto che fa i 300 all’ora, ma non sono preparati come i professionisti, perché non possono trascorrere lo stesso tempo sul mezzo. E questa differenza aumenta moltissimo i rischi che si corrono"..

Lei con quali moto va in giro?

"Ne ho un po’...ma di solito uso uno scooterone elettrico o uno Scrambler Ducati"

Elettrico?

"Sì, per girare a Montecarlo è molto comodo. E poi è un trucco che uso".

Per non andare troppo forte? Uno che è stato pilota come fa a tenersi frenato?

"In effetti il problema è quello: non uso moto supersportive perché in un attimo mi ritroverei ai 140 all’ora senza accorgermene... Con lo scooter non corro questo rischio".

L’anno prossimo che mondiale si aspetta, con Marquez, a proposito di incidenti frequenti, che arriva su una Ducati?

"Sarà molto interessante. Posso assicurarvi che Marc è davvero un bravo ragazzo, sono curioso di vedere come si comporterà sulla moto di Borgo Panigale. Ma Bagnaia è il numero uno, dovranno battere lui".