Sabato 6 Luglio 2024
CLAUDIO
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L’intellettuale che (re)inventò la tv popolare

Morto a 93 anni Angelo Guglielmi. Da direttore di Raitre lanciò programmi come “Avanzi“, “Chi l’ha visto?“ e “Samarcanda“

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Claudio

Cumani

Negli ultimi anni non guardava più la tv: troppo vecchia, prevedibile, noiosa. Ovvio. Lui, Angelo Guglielmi spentosi l’altra notte nel sonno all’età di 93 anni, la tv, quella che sarebbe restata nella storia, l’aveva inventata: sette anni (dall’87 al ‘94) alla guida spericolata di una rete pubblica, la leggendaria Raitre del tempo, capace di passare nello share dall’1% al 10%, ma soprattutto in grado di imporre un modello culturale fortemente innovativo. Fatto di programma inconsueti come Samarcanda, Telefono giallo, Blob o Quelli che il calcio e sorretto da nuovi personaggi che avrebbero fatto la storia del piccolo schermo quali Michele Santoro, Serena Dandini, Fabio Fazio o Daniele Luttazzi.

Popolar chic? Perché no: lì, nei palinsesti, il mitico ‘direttore di Raitre’ aveva trasportato l’idea rivoluzionaria e democratica che animava quel movimento letterario d’avanguardia che era il Gruppo ‘63 e che lui aveva fondato con Eco, Sanguineti, Giuliani, Manganelli e tanti altri. Dove c’era la possibilità di ribaltare le carte, di confondere l’Alto con il Basso, di giocare sulla vitalità creativa. Quante vite ha vissuto questo elegante signore dai modi cortesi, dal giudizio ficcante e dall’intelligenza lucidissima: critico letterario e saggista, funzionario e poi direttore in Rai, presidente dell’Istituto Luce e perfino assessore alla cultura del Comune di Bologna (dal 2004 al 2009) nella giunta di Sergio Cofferati.

Era nato ad Arona (Novara), il 2 aprile 1929, e a Bologna si era laureato in Lettere nel ‘51. Le prime supplenze in provincia di Ferrara e poi nel ‘54 il concorso per entrare in Rai. È la madre a segnalargli il concorso per autori e programmisti pubblicizzato in un programma radiofonico di Mike Bongiorno, Il motivo in maschera. Lo vince.

Nei corridoi incontra Umberto Eco, entrato in azienda un anno prima, e con lui stringe un’amicizia lunga e duratura incrinata soltanto anni dopo dalla contrarietà del Professore verso la tv della verità e dei processi sulla quale invece Raitre di Guglielmi punta con convinzione. Non solo Eco, però. Il ‘direttore’ nella sua parabola intellettuale incontra tutti i grandi pensatori del ’900: quelli del Gruppo ‘63 come Balestrini, certo, ma anche Moravia, Pasolini, Arbasino, Calvino. Adora Gadda e si dispiace di non aver compreso subito la complessità di Tondelli.

Guglielmi, cui si deve ad esempio l’ideazione di Bontà loro di Costanzo, non ha mai creduto che la Rai potesse essere la principale azienda culturale del Paese ma ha sempre fatto di tutto perché questo accadesse. Nell’87 la spartizione politica assegna al Pci Raitre e lui, appena nominato, scommette su un linguaggio televisivo autonomo e rinnovato: si trattava di inventare una formula inconsueta.

Partendo dalla satira (La tv delle ragazze, Avanzi, Tunnel), puntando sui libri (con i divulgatori Augias o Barrico), indagando sull’attualità (Chi l’ha visto?, Un giorno in pretura, Mi manda Lubrano). O magari, andando a vedere cosa si nasconde dietro al Palazzo del potere con Il portalettere di Chiambretti. Formidabili quegli anni. Per celebrare i suoi 90 anni ha scritto un libro per la Nave di Teseo intitolato Sfido a riconoscermi. Racconti sparsi. "Odio le autobiografie – aveva dichiarato con la consueta franchezza – perché sono il male degli ultimi 30 anni della narrativa italiana, ma sento il bisogno di esternare alcuni ricordi". Sono i ricordi su cui è cresciuta la cultura italiana degli ultimi decenni. Quella a cui tutti siamo debitori.