
"Il vento di giugno" di Leonardo Gori
La guerra è finita, certo. Ma, paradosso dei paradossi, ora comincia il difficile. Non solo dal punto di vista pratico, ma anche da quello, come dire, psicologico. Chi sono gli amici, chi i nemici? Di chi ti puoi fidare? Chi era tuo sodale, lo è ancora? C’è protezione da parte degli alleati oppure tutto è confuso, intrecciato, nebbioso? E poi, domanda delle domande: chi c’era prima (il re e la sua indegna corte, i fascisti) sono stati davvero relegati ai margini della Storia o hanno ancora voce in capitolo? Bruno Arcieri ritorna sulle scene, deve sciogliere una trama complicatissima.
Siamo nel 1946. A Roma fa caldo, non solo per il clima, ma soprattutto perché il 2 giugno si vota, il popolo italiano deve decidere se prolungare la vita della monarchia o passare alla Repubblica. E quindi i servizi segreti sono in allarme, tramano (come e più di prima) fra individui ingenui e veri e propri tagliagole. È in atto il ’repulisti’ che colpisce (ma sarà vero?) il Comandante e lo stesso Arcieri. Lui, che è stato partigiano e vede nel Partito d’Azione una possibile soluzione ai drammi che vive l’Italia devastata dalla follia nazifascista. Sta per arrivare la mannaia anche su di lui.
Intanto, è stato relegato, nei Servizi per cui continua a lavorare, a un ruolo marginale. Meglio: che sembra marginale. Perché, sebbene acciaccato e invecchiato, il Comandante ha ancora bisogno di lui per risolvere un caso delicato assai: qualcuno vuole smembrare quel che resta di buono del servizio segreto e gli attori in campo non sono dei dilettanti. Sono professionisti inglesi, sovietici e statunitensi. Mica poco. Poi ci sono personaggi all’apparenza secondari: il marchese, la spia fascista Daniele, l’enigmatica e quantomai affascinante Cristina, il fratello di lei Aimone...
Soprattutto però c’è Roma, coi suoi quartieri più belli: Prati, Parioli, il centro storico e con le sue borgate più povere come la Magliana. È una Roma stavolta cupa e povera, salvo riscattarsi con la sua immensa bellezza: "Andò fin sulla terrazza del Pincio. Il panorama di Roma immersa nella notte e punteggiata di luci, aveva un che di fiabesco. Il tenue ma limpido chiarore lunare annullava sporco, degrado miseria; cancellava cinque anni di guerra devastante". Già, la città che alla fine vince per il suo maestoso splendore. Mentre Bruno pensa sempre a Elena e agli anni felici e alla casa liberty di via Scipione Ammirato a Firenze. Una Firenze così tanto amata quanto lontana. E chissà se Elena si farà vedere. Questo lo scopra il lettore...
Nota a margine. La copertina dipinta da Francesco Chiacchio è splendida e ci ricorda un pittore livornese assai noto. Quindi non resta che complimentarsi con l’Autore. Che ne dipinga tante di questi quadri (perché di questo si tratta) per la nostra gioia visiva. A bei romanzi, del resto, come questi non possono che associarsi belle copertine...