Firenze, 15 dicembre 2024 – Va’ dove ti porta il cane. Susanna Tamaro ha appena dato alle stampe un libro in cui racconta i suoi amori vissuti con Argo, il cane disabile che metteva in fuga i pastori maremmani, con Bianchina, convinta di essere nel paradiso dei cani, con Tobia il cagnone anarchico dal cuore nobile e poi Pongo il cane "banale" che è riuscito a farsi adottare contro ogni previsione, Sissi il breton che cura l’insonnia, Archimede il beagle fedifrago con due famiglie, e tanti altri. Ogni cane è una storia, e ogni racconto di questa storia apre di volta in volta un varco in una dimensione sempre diversa, e sempre più profonda sia del nostro rapporto con questi animali – il loro ruolo terapeutico nella società –, sia – soprattutto – dell’unicità, dell’individualità e della sacralità che va in loro riconosciuta e rispettata.
Già il suo primo romanzo, il best seller del ’94 Va’ dove ti porta il cuore, si apriva con parole legate a un meticcio, Buck: "Mi commuovo a guardarlo – scrive la nonna alla nipote lontana – è come se qui accanto ci fosse una parte di te, la parte che più amo, quella che, tanti anni fa, tra i duecento ospiti del ricovero, ha saputo scegliere il più infelice e brutto".
Susanna, adesso è tempo del nuovo libro L’amore di un cane (Solferino). Ma si ricorda di Buck?
"Sì, Buck era un “rottame”. E come sa chiunque abbia adottato un “Buck“ in un canile ci vuole almeno un anno per instaurare un rapporto con una creatura così traumatizzata. È un percorso lungo ma impagabile".
Nel suo nuovo libro lei scrive: "i cani ci insegnano a crescere nell’umile pazienza dell’amore". E l’umiltà e l’amore con cui possiamo ricambiare è rispettare il cane nel suo essere cane.
"Sì, un cane lo ami quando lo tratti da cane. Va rispettato nella sua essenza, senza trasformarlo in un gingillo – “il cane da borsetta“, per dirne una, il cane con le unghie laccate – o usarlo per colmare i propri vuoti. E poi i cani hanno una purezza, un’innocenza assoluta, non hanno malizia. In un tempo così crudele come il nostro, così cupo, è un grande dono che esistano creature che rispondono solo all’amore".
Lei sottolinea la loro sacralità.
"Tutti gli esseri viventi fanno parte di un mistero. La natura è complessa e meravigliosa, c’è un’esplosione di bellezza nella vita degli animali e a questa gli umani rispondono con la propria mancanza di bellezza: la violenza, la hỳbris, l’abominio degli allevamenti intensivi, delle manipolazioni genetiche, delle uccisioni di massa".
Animali trattati come merce, scrive.
"Esattamente. Osservando le mucche al pascolo ho visto la loro complessità: i vitellini giocano, fanno le cariche, scherzano, vivono con gioia. Pensarli chiusi negli allevamenti intensivi mi provoca un dolore profondo".
Nel libro propone l’uso dei veterinari dell’esercito per combattere il randagismo e sostiene che lo stato dovrebbe agevolare l’adozione di cani da parte degli anziani.
"È fondamentale. Servirebbero misure come la sterilizzazione gratuita per evitare il randagismo e i problemi che comporta.
E gli anziani soli potrebbero trarre grande beneficio dall’adozione di un cane, ma i costi di mantenimento sono troppo elevati. Bisognerebbe ridurre le spese per cure e farmaci".
I cani hanno un potere terapeutico.
"Assolutamente. Proprio perché sono innocenti e non giudicano, i cani sono affettività pura, con un valore terapeutico enorme. Ho avuto esperienze significative con pazienti psicotici e persone senza dimora – a Milano ad esempio c’è il progetto Save the Dogs and Other Animals di Sara Turetta – che trovano in loro un sostegno fondamentale".
Durante il Covid molte persone hanno scelto di adottare cuccioli abbandonati, accorgendosi in seguito della difficoltà della gestione.
"Sì, molti cani adottati oggi hanno tratti selvatici – sono quelli simili a sciacalli che io chiamo l’Ur-cane, il cane originario – e paure legate alla loro storia. In questi casi non basta la buona volontà, servono competenze, aiuti concreti per affiancarli. Oltre all’affetto, ovviamente".
Perché il cane impara con l’affettività...
"Sì, l’idea del “capobranco” è superata. I cani apprendono attraverso la collaborazione, non con gesti di dominanza o violenza".
Attualmente collabora con un canile?
"Sì, al canile di Orvieto. Adesso abbiamo 90 cani e io, su Facebook, intendo pubblicare una guida alle adozioni".
C’è una parola che mette molti in imbarazzo rispetto al cane con cui si convive: la parola “padrone“. Può inventare lei, per cortesia, la parola giusta?
"Anch’io non mi sento padrona, ma non abbiamo un termine adeguato. Siamo compagni di vita o di branco, ma sì: occorre trovare una nuova parola".
I cani hanno una vita più breve di quella dell’uomo. Quando muoiono, secondo lei, restano con noi?
"Sì, la loro energia rimane con noi. Per questo accompagnarli alla morte è importante: è un momento di smarrimento per loro, come per noi, ma rende l’addio più dolce".
Lei scrive che i cani sognano. Cosa sognano?
"Sognano ciò che desiderano. Sognano anche i loro traumi emotivi".
Lei scrive che i cani osservano, come gli scrittori. Cosa scriverebbero di noi?
"Scriverebbero cose molto precise e profonde, perché vedono il cuore delle persone, ne percepiscono le intenzioni, la vera essenza. Secondo me ci leggono anche nel pensiero".
I cani hanno un’anima?
"Intanto ogni animale è unico, con un carattere e un’individualità distinti. Poi ricordo che diversi santi hanno avuto relazioni spirituali con gli animali. È l’ansia super razionale che cancella questa realtà. Chi non ha barriere con il vivente parla anche con gli animali, perché tutto il vivente è pronto a essere coinvolto in un discorso di relazione".
Cosa c’è negli occhi di un cane?
"Negli occhi del cane c’è l’innocenza, il dono dell’innocenza della vita che non giudica, che non discrimina, che accetta e accoglie con umile pazienza. I cani ci rimettono al centro di una relazione pura e affettuosa, una relazione tra esseri che hanno un cuore. In un mondo che è sempre più cupo, più artificiale, più orribile, il cane ti guarda con occhi stellanti".