Domenica 29 Dicembre 2024
REDAZIONE MAGAZINE

Stalker nella Bibbia, ma Susanna si salva

Il nuovo libro di Aldo Cazzullo “Il Dio nei nostri padri“. La donna insidiata da due giudici corrotti, smascherati però da un ragazzo

Artemisia Gentileschi, Susanna e i vecchioni (1610)

Artemisia Gentileschi, Susanna e i vecchioni (1610)

Il Dio dei nostri padri. Il grande romanzo della Bibbia (HarperCollins) è il nuovo libro di Aldo Cazzullo. Ne pubblichiamo un estratto.

L’autore presenta il libro oggi a Bologna, in Sala Borsa alle 18. Il 3 ottobre sarà a Firenze con la sindaca Sara Funaro, il 22 a Milano

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Roma, 25 settembre 2024 – Quante donne vengono molestate, minacciate, violentate. Quante donne nella storia non hanno avuto il coraggio o la possibilità di denunciare gli uomini che hanno fatto loro del male. E questo accade ancora oggi, in ogni Paese, ogni giorno.

La Bibbia ci racconta la storia di una donna che, con l’aiuto di un profeta e di Dio, fece condannare due uomini che la insidiavano, dopo aver fatto del male a molte altre donne.

Il suo nome è Susanna, che in ebraico significa giglio. Susanna era donna delicata, di rara bellezza, e timorata di Dio. Viveva a Babilonia, al tempo della diaspora degli Ebrei, ed era moglie di un uomo ricco, che possedeva un palazzo con un bel giardino.

In quell’anno erano stati sciaguratamente eletti giudici due vecchi corrotti e iniqui. (...) I due vecchi sono entrambi infatuati di lei. La desiderano. Ma siccome si vergognano di quell’insana passione, non osano confessarla l’uno all’altro. Così fingono di andarsene, e poi si ritrovano entrambi in giardino, a spiare Susanna, a trovare il modo di stare con lei. A questo punto si confidano la reciproca ossessione, e decidono di unire le forze. Restano nascosti, e studiano il momento opportuno per sorprenderla da sola.

Susanna entra nel giardino, con due ancelle. Siccome fa caldo, decide di fare un bagno. Così ordina alle ancelle di andarle a prendere l’unguento e i profumi, e di chiudersi dietro le porte del giardino. Le ancelle obbediscono, e i due vecchi si ritrovano da soli con Susanna. Così ricorrono al ricatto: “Ecco, le porte del giardino sono chiuse, nessuno ci vede, e noi bruciamo di passione per te. Dicci di sì e concediti a noi. Altrimenti ti accuseremo: diremo che un giovane era con te, e per questo hai fatto uscire le ancelle”.

Il piano è perfido, ma ben congegnato: la parola di una donna contrapposta a quella di due giudici. È una tattica usata tante volte, ancora oggi: “Rassegnati; nessuno ti crederà”. Anche per questo tante violenze non vengono denunciate, e restano odiosamente impunite.

Susanna è disperata. Ma non vuole accondiscendere alle voglie di quegli uomini. Così grida a gran voce: un grido di allarme e di accusa. Ma anche i vecchi gridano contro di lei, e uno di loro va ad aprire le porte del giardino. I servi accorrono, ascoltano il racconto dei vecchi, e restano confusi: perché Susanna non aveva mai fatto nulla del genere.

Il giorno dopo, il popolo si raduna nella casa del marito di Susanna. Si presentano i due vecchi, con la perversa intenzione di farla condannare a morte, per salvare se stessi e vendicarsi di essere stati respinti.

Susanna arriva con i genitori, i figli e tutti i suoi parenti; ma nessuno le è davvero d’aiuto. Si è velata il volto per il pudore, ma i vecchi ottengono che il velo le sia strappato, per godere della sua bellezza e insieme per umiliarla davanti a tutti; perché davanti a tutti ripetono le loro accuse menzognere.

Mentre Susanna piange e leva gli occhi al cielo, sperando nell’aiuto del Signore, i due vecchi raccontano di averla trovata con un giovane, che è riuscito a fuggire: “Abbiamo preso lei e le abbiamo domandato chi era quel giovane, ma lei non ce l’ha voluto dire. Di questo noi siamo testimoni”.

La giustizia sommaria è sempre ingiusta. La folla non ragiona e non si pone domande; presta fede a chi appare degno di meritarla. Siccome i due giudici sono anziani e considerati autorevoli, il popolo si schiera con loro, e condanna a morte Susanna.

Lei esclama ad alta voce: “Dio eterno, che conosci i segreti, che conosci le cose prima che accadano, tu lo sai che hanno deposto il falso contro di me! Io muoio innocente di quanto essi iniquamente hanno tramato contro di me”.

Ma il Signore ascolta la sua voce. E suscita lo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele.

Un ragazzo ha il coraggio di opporsi ai due vecchi, e alla folla schierata con loro. Grida: “Io sono innocente del sangue di lei!” Tutti si voltano verso Daniele, per capire che cosa intenda. E lui tiene il punto: “Siete così stolti, figli d’Israele? Avete condannato a morte una figlia d’Israele, senza indagare né appurare la verità. Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei”.

Daniele usa la giusta tecnica di interrogatorio. Separa i due interrogati. Verifica le rispettive versioni. E dimostra che non coincidono.

Si rivolge al primo accusatore di Susanna, e lo definisce “uomo invecchiato nel male”. Forse Alessandro Manzoni aveva in mente questo passo della Bibbia, quando inventò il personaggio del vecchio malvissuto. La domanda è semplice: sotto quale albero ha visto Susanna con quel giovane? L’accusatore risponde: “Sotto un lentisco”. Ma alla stessa domanda l’altro vecchio risponde: “Sotto un leccio”. Con due semplici quesiti, Daniele ha smascherato i vecchi: “Così facevate con le donne di Israele, ed esse per paura si univano a voi”. (...)

Allora l’assemblea lancia grida di gioia e benedice Dio. Ai due vecchi, così smascherati, tocca la stessa condanna che avevano ottenuto per Susanna: la morte. E la loro verrà eseguita.

“In quel giorno fu salvato il sangue innocente” scrive la Bibbia.