Giovedì 21 Novembre 2024
SILVIA ANTENUCCI
Libri

Sandro Veronesi: "Il segreto è nell’imparare l’arte di accettare la vita. Ma senza sottomissione"

Il nuovo romanzo “Settembre nero“ ambientato nella Versilia degli anni Settanta. Ritratto di un adolescente fragile nelle tempeste della cronaca e della storia .

Sandro Veronesi scrittore e autore vincitore del premio letterario Strega (Photo by Roberto Serra / Iguana)

Sandro Veronesi scrittore e autore vincitore del premio letterario Strega (Photo by Roberto Serra / Iguana)

Roma, 27 ottobre 2024 – La citazione iniziale di Samuel Beckett ci ammonisce: "Non posso continuare. Continuerò". Una dichiarazione di possibile resa e al contempo un inno ad andare avanti. Nel caso del nuovo libro di Sandro Veronesi, Settembre nero (La nave di Teseo), anche il suggerimento a continuare nel proprio cammino non solo nonostante le avversità, ma proprio in virtù della loro inevitabile presenza nelle nostre vite, forse del destino, comunque di ciò che deve capitare e a cui non possiamo sfuggire. Accettarlo in maniera consapevole, piena e salvifica significa non abdicare alla sottomissione. Romanzo anche storico nel quale, alla vicenda del protagonista e della geniale sorellina nell’estate 1972 in Versilia s’intrecciano eventi come l’attacco terroristico del 5 settembre alle Olimpiadi di Monaco, Settembre nero riprende i temi cari all’autore due volte vincitore del Premio Strega, con Caos calmo e Il colibrì.

In questo libro ricorre il tema dell’accettazione.

"È il mio tema, quello che affronto sempre. In questo caso, attraverso una figura più fragile delle altre, Gigio Bellandi, che non è ancora un adulto, ho lavorato molto sulla differenza tra accettazione e sottomissione. Senza determinate esperienze personali, che il protagonista del libro riesce fortunatamente a fare prima dell’evento che gli sconvolgerà la vita, la capacità di accettare sarebbe solo dolorosa sottomissione agli eventi. Credo che spesso la gente rifugga l’accettazione perché la confonde con la sottomissione".

La vita è ciò che accade o esiste per lei il destino?

"Il destino è ciò che ci deve capitare, gli eventi siamo in parte noi a determinarli, in parte il caso e in parte le altre persone. Il destino è quello, non si cambia e non si può prevedere: in questo senso è il banco di prova perfetto per l’accettazione".

Chi è Gigio Bellandi?

"Gigio è un ragazzino di dodici anni che sta fiorendo. Non è Marco Carrera, l’accettazione avviene in diversi modi e lui raggiunge un’accettazione piena, totale e risanante con un percorso tutto suo. Deve molto, in questo, alla geniale sorellina Gilda. In ogni caso, non possiamo sapere come sarebbe stato se non ci fosse stata la brusca interruzione del momento irripetibile, e felice, che sta vivendo".

Nella narrazione che traccia dell’infanzia, definisce la stagione irripetibile delle vacanze al mare da bambini con un odore: quello del sole.

"Si tratta di un odore vero e proprio, chimico, prodotto dal sole perché esso scalda i polimeri delle plastiche e delle gomme e le rende più fragranti. Il sole acuisce certi odori, e in quel periodo in particolare la plastica era il materiale per eccellenza delle vacanze, delle villeggiature. Tutto era di plastica: sdraio, tavolini".

Come si recupera la memoria di un momento così magico?

"Grazie ai miei figli. Ne ho cinque, dei quali quattro sono già passati dall’infanzia alla giovinezza e uno ci sta passando adesso. Quando essi hanno vissuto questa esperienza negli stessi luoghi dove l’ho fatto io, è stato inevitabile ritrovare la memoria di ciò che ho provato e vissuto in prima persona".

Come ha invece ricreato il contesto storico?

"Ho attinto dagli strumenti della ricostruzione storica, che sono le fonti, in questo caso soprattutto visive attraverso i filmini che mio padre girava in quel periodo. Lo definisco un romanzo storico sia perché i luoghi, gli stabilimenti, il Bagno Stella erano davvero così negli anni ’70 sia perché la cronaca s’intreccia alla storia personale del protagonista: l’alluvione di Firenze, il terribile delitto Lavorini, le Olimpiadi di Monaco."

Come Eddie in IT di King, Gigio scopre che "gli adulti sono egoisti e insensibili". È un ammonimento?

"È una critica che io mi sento di muovere a noi genitori, a noi adulti, che quando decidiamo una cosa per la famiglia, liberamente o perché costretti, ci preoccupiamo dei figli secondo però canoni che sono quelli degli adulti. Non pensiamo, a volte nemmeno ci accorgiamo di cosa andiamo a toccare, in loro, con le nostre scelte".

Le figure femminili portatrici di senso e autenticità sono la piccola Gilda e Astel, la ragazzina vicina di ombrellone della quale Gigio è innamorato, non le madri o le donne adulte.

"Gigio si sforza di restituire un racconto onesto, dal punto di vista del dodicenne che è stato e non di ciò che è diventato, sessantenne, quando narra la storia. E i dodicenni tendono a vivere il mondo senza gli adulti, come Charlie Brown: nei Peanuts non si vedono mai i grandi. I ragazzi sono attratti, respinti e turbati dai coetanei".

Cosa intende quando parla di senso di colpa salvifico?

"Gigio fa in tempo a germogliare delle foglioline sue, principalmente rivolte ad Astel, prima che tutto gli crolli addosso. Questa cosa, soprattutto il sentimento per lei, o la musica che lei gli fa ascoltare, tra i tanti David Bowie, lo distanzia dalla famiglia, gli permette di costruirsi uno spazio suo e solo suo. In questo il senso di colpa è salvifico perché, originato dal dolore per una sofferenza personale, offusca e toglie attenzione al cataclisma familiare."

Perché ha scelto di ambientare il romanzo in un’epoca diversa dal presente?

"Questo tempo non mi piace. Una volta gli adulti erano orgogliosi di ciò che avevano fatto, costruito. Oggi, in coscienza, chi di noi può essere fiero di aver contribuito al mondo che subiamo ogni giorno? Cerchiamo tutti di arginare il danno di questo mondo. Aggiungo poi il Covid. A livello narrativo, se sappiamo che c’è stato un mostro che si è preso due anni della nostra vita ma ancora non conosciamo cosa ha prodotto, come faccio ad approfondire la psicologia di un personaggio? Lo tratto come se non ci fosse stato, questo biennio? Ma c’è stato, allora preferisco andare indietro, e magari apprenderò tramite i romanzi degli altri, che sono magari più svelti e bravi di me, quale è la luce attraverso i quali vedere i personaggi".