Giorgio carissimo, come è bello leggerti ancora dopo Gli occhi vuoti dei santi e Atti di un mancato addio, entrambi candidati al Premio Strega. Il tuo nuovo romanzo, Casa che eri, si inserisce in questo cambiamento di sguardi nella letteratura italiana che credo di aver notato negli ultimi anni. Se fino a poco tempo fa erano principalmente le autrici a occuparsi di sentimenti e privato, e gli autori trattavano soggetti di carattere politico e sociale, oggi sempre più spesso accade il contrario. Un ribaltamento che mi piace molto. Siamo davanti a uno spartiacque, e dobbiamo decidere se lasciare questo presente così com’è o scrivere il futuro da una prospettiva nuova, in ogni ambito. E mi è piaciuto moltissimo che la tua soggettiva parta dal più complesso dei rapporti umani, su cui fonda ogni comunità: l’amicizia.
Non c’è relazione più forte di quella che stringiamo con i nostri amici; è un sentimento senza riserve. Agli amici ci mostriamo senza ritegno, nudi com’eravamo alla nascita, con la certezza che non saremo mai giudicati, ma sempre sostenuti. All’amico non nascondiamo segreti. Un’amicizia è composta di solidarietà, simpatia, complicità, vicinanza fisica, condivisione della realtà e dei sogni. Fin da bambini, il confronto con l’amico ci fa scoprire che non esiste solo “io”, ma c’è un “noi”, e dunque cresciamo, evolviamo. Nutriamo verso l’amico una fiducia totale, con la cieca convinzione che non verremo mai traditi. Ma, se accade? Se interviene un elemento esterno a separare ciò che sembrava indivisibile? Abbiamo la maturità sufficiente per accogliere la novità e trasformarla in un fattore di crescita o ci impantaniamo nella gelosia? Domande sulle quali il tuo romanzo fa molto riflettere e mi pare che il trio dei protagonisti Aldo, Luisa e Alessio racconti molto dell’immaturità di questo tempo così refrattario allo sguardo nuovo di cui avrebbe bisogno, per tornare alla riflessione iniziale. Non poteva che esserci una casa (in alcuni momenti una tana, una cella, un rifugio), in questa storia, a partire dal titolo. Cos’altro è andarsene da una casa per entrare in un’altra se non cambiare pelle, fare la muta, e dunque crescere?
Permettimi di spendere le ultime righe per la casa editrice che ti pubblica, Hacca edizioni, una delle realtà più interessanti del panorama culturale, che da una collocazione apparentemente periferica, nel cuore delle Marche, scova nuove voci e altri immaginari senza sosta. Sarà che sta nei pressi dei Monti Sibillini, dove la Sibilla Picena (maga e indovina) regna sul mondo sotterraneo al quale si accede dalla sua grotta. Con il tuo romanzo ci hai portati in questo antro, Giorgio. Adesso sta a noi se fare la muta e lasciare i capricci di quest’eterna adolescenza, o rimanere nella grotta per paura di conoscere noi stessi.
Grazie per questa sfida.