
Una raccolta postuma che conferma l’autorevolezza del poeta
Figura di netta originalità e autonomia nel panorama della nostra poesia di questi ultimi decenni, Pier Luigi Bacchini, di Parma, nato nel 1927, se ne è andato all’inizio del 2014, e la sua opera si era venuta sempre più affermando soprattutto a partire dal 1993, quando ottenne il premio Viareggio con Visi e foglie. In precedenza, il suo lavoro di autore appartato lo aveva reso noto solo in ambiti ristretti, ma poi la particolarità della sua scrittura e la strenua attenzione alla complessa realtà naturale, del mondo a noi circostante, di animali e vegetali, lo aveva imposto nel panorama articolato della nostra poesia. Un’opera essenziale era stata allora Scritture vegetali uscita nel 1999 da Mondadori, seguita poi, per lo stesso editore, da Contemplazioni meccaniche e pneumatiche (2005) e dai Canti territoriali (2009), mentre una raccolta complessiva delle sue Poesie 1954-2013, usciva negli Oscar, a cura di Alberto Bertoni.
Ora è apparso, da Mondadori, a cura del figlio Camillo e con un importante saggio di Alberto Bertoni, un volume postumo di inediti, dal titolo di Staminali eterne, dove ancora, dunque, sono vivi e presenti elementi e parole della ricerca e anche del linguaggio scientifico. Nella raccolta riemerge la forza inquieta del suo pensiero, la capacità di cogliere il senso dell’esserci, per quanto ci sia umanamente concesso, nel molteplice del mondo naturale, confermando una specificità ben riconoscibile dell’intera sua opera.
Una meditazione sull’esserci che va dal privato alla storia pubblica, tra concretezza e astrazione, in cui entrano momenti di dolore e gioia, la riflessione sulla vecchiaia e sulla poesia stessa: "E la poesia ha parole / in staminale argilla". E poi ecco le immagini del sogno, con presenza viva di personaggi e ambienti, ancora, naturalmente, di animali e vegetazione, fino alla stessa "memoria delle rocce". Ma straordinaria è poi la abilità costruttiva di Bacchini nell’utilizzare lo spazio della pagina per modulare la sua voce in una varietà di ritmi che va dalla misura prosastica allo stacco o allo strappo vero e proprio all’interno del suo raffinato procedere.
Un classico tra secondo Novecento e nuovo millennio al quale è appagante ritornare.
Maurizio Cucchi