Lunedì 27 Gennaio 2025
MARCO VICHI
Libri

Personale, universale: è la vita di Elias Canetti

Nuovo appuntamento con la rubrica di Marco Vichi “Alla ricerca del libro perduto”

Elias Canetti (Ruse, 25 luglio 1905 – Zurigo, 14 agosto 1994)

Elias Canetti (Ruse, 25 luglio 1905 – Zurigo, 14 agosto 1994)

Firenze, 26 gennaio 2025 – Un terreno minato, quello dei libri autobiografici: il rischio è quello di non riuscire a spegnere mai l’occhio di bue su se stessi, dicendo soltanto Io… Io… Io… scivolando in una sorta di inconsapevole delirio egotistico che non ha nulla di interessante. Questa premessa solo per dire che Elias Canetti, nella sua autobiografia (per me monumentale) ha fatto esattamente il contrario, ha tenuto lo sguardo (il suo sguardo, ovviamente) rivolto verso gli altri, verso il mondo dei suoi tempi. Tre libri, anche piuttosto voluminosi, che mi sono bevuto uno dietro l’altro con immenso piacere, e con la triste consapevolezza che prima o poi sarebbero finiti.

Adesso i titoli: “La lingua salvata”, “Il frutto del fuoco”, “Il gioco degli occhi”, pubblicati tra il 1977 e il 1985. Riguardo al primo, “La lingua salvata”, il titolo non riguarda un argomento linguistico, ma si tratta di uno dei ricordi d’infanzia di Canetti: ogni mattina, quando usciva di casa tenuto in collo dalla bambinaia, un vicino, tenendo in mano un coltellino, gli diceva per gioco: "Mostrami la lingua che te la taglio". Ma il piccolo Elias rimetteva in bocca la lingua… salvata, appunto.

In questi tre volumi, Canetti ci racconta il suo tempo e i personaggi (da lui conosciuti e frequentati) che hanno attraversato quell’epoca, una incredibile galleria che comprende Musil, Hermann Broch, Franz Werfel, Fritz Wotruba, Anna e Alma Mahler, Brecht, il fantasmagorico Karl Kraus, Alban Berg e molti altri. Ci racconta di quando a Vienna si trovò per caso in mezzo a un fiume di manifestanti furibondi che andavano a incendiare il Palazzo di Giustizia (anche se lui ancora non lo sapeva), della forza trascinante della folla inferocita, capace di togliere all’individuo la sua personalità per inglobarlo nell’onda della moltitudine, e da questa esperienza nascerà il suo saggio “Massa e potere”, 1960.

Ci racconta anche la sua famiglia, i suoi amori, i suoi amici, ma sempre con uno sguardo che trasforma ogni elemento personale in qualcosa di universale. E non tralascia di raccontarci incontri con persone non famose, che fanno parte delle sue esperienze personali e intime, storie di grande potenza: una fra tutte, memorabile (tanto che a distanza di trentacinque anni me la ricordo ancora), è quella di un ragazzo completamente paralizzato, che di giorno, quando faceva bel tempo, veniva sistemato davanti al portone del palazzo, in modo che potesse vedere un po’ di gente. Canetti, che lo conosceva, si fermava spesso a parlare con lui, e un giorno gli raccontò di una bella corsa che aveva fatto da qualche parte, per farlo partecipe del proprio entusiasmo, senza rendersi conto che un racconto del genere non poteva che abbatterlo. Infatti, in seguito a quel racconto, il ragazzo prese con la bocca il bicchiere di acqua che gli lasciavano nel lettuccio dove veniva sdraiato, lo ruppe con i denti, lo masticò e se lo mangiò per intero, con la chiara intenzione di ucciderci… ma non successe nulla, nulla di nulla, e sopravvisse a quel tentato suicidio.

Per finire, “Potere e sopravvivenza” (1972), raccolta di brevi saggi di grande spessore. Buone letture…