Venerdì 2 Agosto 2024
COSTANZA CHIRDO
Libri

Perché gli uomini non leggono romanzi

Ci sono fattori sociali e culturali che hanno insegnato al genere maschile che leggere per piacere “è una perdita di tempo”

Ragazzo che legge

Ragazzo che legge

Londra, 29 luglio 2024 – Che gli uomini leggono meno delle donne in generale, ormai è risaputo, riconfermato annualmente dalle statistiche – in Italia secondo i dati Istat del 2022, la differenza di genere era “rilevante”, con una percentuale di lettrici donne del 44%, mentre i lettori tra gli uomini sono il 34,3%. Ma in particolare, un recente articolo della testata britannica “Dazed” ha evidenziato come gli uomini non leggono romanzi, narrativa, fiction, ma preferiscono investire il loro tempo in letture “educative” come saggi, articoli scientifici, in nome del “miglioramento personale”.

Per molti uomini, leggere per piacere è “una perdita di tempo”. Al contrario, leggere per informarsi è produttivo – tempo investito bene, secondo la logica economica. Nella nostra routine quotidiana, dettata dall’orario lavorativo, “prendersi una pausa dall'essere un ingranaggio e rannicchiarsi con un romanzo solo perché lo si desidera è un piacere quasi sensuale”, scrive Dazed. Ci sentiamo costretti a impiegare il nostro tempo per qualche finalità pratica, per raggiungere qualche risultato. Leggere narrativa non rientra in questa logica, ma ciò non sembra fermare le donne dal farlo. Nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Canada, nel 2023 le donne rappresentavano l'80% del mercato di acquisto dei libri, e il 65% di tutti gli acquisti di narrativa nel Regno Unito, secondo Nielson BookData.

Secondo Dazed, il fatto che gli uomini leggano meno narrativa è legato a certe dinamiche sociali – alcune in atto da molto tempo. Ad esempio: nel mondo post-MeToo, il concetto di mascolinità è in crisi. Gli uomini tra i 18 e i 34 anni, in particolare, sentono la pressione di doversi conformare ai comportamenti "maschili", ma non hanno un modello di riferimento. O forse ne hanno troppi e diversi. Nell’articolo vengono citati una serie di influencer maschili che, nel post-MeToo, si sono affrettati a promuovere la loro idea di cosa dovrebbe essere la mascolinità: auto-miglioramento, ambizione, "mentalità di crescita". Leader estremo è Andrew Tate, ex kick-boxer e imprenditore statunitense: “Leggere libri è per i perdenti che hanno paura di imparare dalla vita – scriveva in un tweet nel 2022 – I libri sono una totale perdita di tempo. Educazione per codardi”.

L’idea dell’uomo “ipercapitalista”, che non ha tempo da perdere in attività che non sono volte al profitto economico, esiste dall’era vittoriana. Nel XIX secolo, leggere romanzi era un’attività “frivola e femminile” per le donne borghesi imprigionate nella sfera privata. Nel frattempo, gli uomini della sfera pubblica si impegnavano a imparare che qualsiasi interesse per la lettura doveva essere giustificato da un'utilità pratica. Secondo Dazed, è un’eredità culturale che persiste: il culto della produttività è tutt’ora più imposto agli uomini che alle donne. Anche se il problema odierno affonda le sue radici anche nelle differenze sociali di genere dell’infanzia: i ragazzi hanno meno probabilità di avere modelli di lettura maschili e sono generalmente spinti verso altre attività, come lo sport, mentre le ragazze sono più incoraggiate a leggere.

In questo modo, spiega Dazed, si promuove “un modello di mascolinità che è meno introspettivo, meno attento agli altri e meno contemplativo”, quando invece, forse, la lettura di narrativa potrebbe aiutare a risolvere la crisi della mascolinità attraverso percorsi alternativi.