Lunedì 27 Gennaio 2025
MARCO BUTICCHI
Libri

Per fare un romanzo non basta l’ispirazione

Appuntamento con la rubrica di Marco Buticchi “Il profumo delle pagine”. La genesi di “Profezia“: una scintilla, e poi un lungo lavoro di studio prima di scrivere

"Profezia" di Marco Buticchi

"Profezia" di Marco Buticchi

Roma, 19 gennaio 2025 – "Come faccio a spiegare a mia moglie che, quando guardo un tramonto alla finestra, io sto lavorando?", così diceva Joseph Conrad per giustificare le apparenti assenze dello scrittore dalla vita familiare mentre sta elaborando un progetto. Era anche un modo per definire quel magico afflato che assale l’artista in fase creativa e lo trasporta nel mondo al quale ha intenzione di dare vita. Ma se è vero che quella magia è capace di dare vita a un complesso meccanismo, può quello stesso istante ispirativo essere in grado di sostenere la complessità di un romanzo? Mi spiego meglio: la costruzione di un romanzo è un’arte complessa. Figlia di intuizioni, certo, ma anche di routine lavorativa, di studio, di applicazione quotidiana. La sola ispirazione non è in grado di sostenere l’intera mole creativa. Una poesia, pur complessa e intima, nasce come figlia di un fremito di sentimento al quale si applicano le parole perché sia descritto propriamente. Nel racconto, e nel più complesso romanzo, invece, quel fremito accende una miccia che va alimentata perché continui ad ardere. Per incendiarla il solo impulso iniziale non è sufficiente.

I miei romanzi nascono da folgorazioni, una sorta di incontenibili passioni verso un oggetto, una persona, un luogo. Improvvisamente sento che quel particolare è in grado di sostenere la trama di un romanzo. Da lì parte una ricerca che prende sicuramente vita dalla fonte ispirativa ma che, come per magia, mi porta a esplorare mondi poco conosciuti, spesso densi di mistero, sempre ricchi di scoperte e di sorprese.

Anche qui, un esempio credo che possa essere d’aiuto. Una sera mi trovavo a presentare un mio romanzo a Castel Stenico, un suggestivo castello giudicario trentino. Era un a notte di tempesta. Nella sala gremita di ascoltatori si alzò una suora e mi chiese se mi sentissi un profeta. Tralascio qui la mia risposta ma, uscendo mentre infuriava la buriana, ripensai a una suora, una profezia…

Tornato a casa incominciai a documentarmi sui tre bambini che, nelle piane di Cova da Ira il 13 maggio del 1917, sconvolsero il mondo rivelando una serie di profezie loro comunicate da una ‘Signora lucente’, che la Chiesa identificherà con la Madonna di Fatima. Continuai allora a intrecciare date e accadimenti: il 13 maggio è il giorno in cui Giovanni Paolo II subisce ben due attentati. Il 13 novembre, giorno in cui le apparizioni della Signora Lucente terminano, è il giorno in cui, nel 1307, il potente ordine dei Cavalieri Templari viene annientato dal Filippo il Bello. È venuto così alla luce il romanzo “Profezia”, sorretto da una folgorazione iniziale e da tanto lavoro di documentazione, ricerca e sorprese. Pagina dopo pagina. Perché, se un romanzo non sorprende chi lo sta scrivendo, come può l’autore nutrire la pretesa di sorprendere i lettori?