Quando Paolo Nori racconta le vite degli altri in realtà non racconta le vite degli altri. È già successo con Fëdor Michajlovic Dostoevskij in Sanguina ancora e per Anna Andréevna Achmátova in Vi avverto che vivo per l’ultima volta (usciti entrambi per Mondadori). Paolo Nori queste vite le attraversa: ci entra dentro, osserva, cerca e al contempo attende. Si mette accanto al personaggio e vede, sente, esperisce ciò che vede, sente, esperisce lui o lei notando e annotando dettagli dai quali sguscia fuori l’umanità, l’unicità: tutta la grandezza di chi ha deciso di raccontare. Chiudo la porta e urlo ci racconta il poeta romagnolo Raffaello Baldini.
Nori, qual è stato il suo primo incontro con la poesia di Baldini?
"La prima volta che ho sentito Raffaello Baldini leggere le sue poesie è stato al Festivaletteratura di Mantova, nel 2000, e la prima poesia che ho sentito leggere è stata Luglio, che dice “Il nove luglio, una domenica dovevano essere le cinque del pomeriggio, a Ciola, proprio in cima, alla casa di Baròus, ma di dietro, nell’ombra, tra la siepe, che di là cala giù dritto nel fondo di Lasagna, e il muro, che era tutta una verdura, con un venticello che faceva ogni tanto un po’ di tramesti´o fra le canne, a un tavolino giocavano a tressette e tenevano i sassi sulle carte perché non volassero via. E quando a quello di mano gli è venuta la cricca di coppe e tre tre senza danari, s’è gonfiato un po’, ma zitto, non s’è fatto capire, s’è accomodato sulla sedia, poi è uscito con l’asso, e non diceva ancora niente, ma dalla contentezza ha dato una botta sul legno che nei bicchieri il vino ha tremato tutto, e la cicala sul ciliegio ha taciuto di botto dalla paura. L’aria allora è diventata così leggera che sul crocicchio s’è sentito pigolare il campanello arrugginito di una bicicletta, e laggiù, ma lontano, volare un aeroplano sopra il mare“. E mi sono sembrati bellissimi questi quattro romagnoli, seduti sotto una pianta nei dintorni di Santarcangelo, che giocano a tressette e comandano l’universo".
Pensa che le traduzioni in italiano facciano perdere qualcosa ai versi di Baldini? Lei cita, come esempio di perdita di senso, di tradimento dell’originale la traduzione di Orgasmo di Nino Pedretti, anche lui di Santarcangelo come Baldini.
"Baldini, essendo bilingue, traduce lui stesso le proprie poesie che è vero che nascono in dialetto ma sono opera di un madrelingua e io le leggo come degli originali; Pedretti era un traduttore meno accorto di Baldini e Manuela Ricci, la curatrice dell’antologia Einaudi delle poesie di Pedretti, che si intitola Al vousi, fa delle scelte che mi sembrano singolari; quella poesia, Orgasmo, è una poesia nella quale una signora di settant’anni si lamenta del fatto che adesso (siamo negli anni Settanta) c’è la libertà sessuale che, quando era giovane lei non c’era, e il primo verso di quella poesia, Orgasmo, dice “Adès i cieva tótt“, e è stato tradotto da Emanuela Ricci con “Adesso tutti fanno sesso“ e da Pedretti con “Adesso c’è libertà di coito“. Baldini l’avrebbe tradotto in un modo molto meno letterario (le poesie di Baldini, come diceva Marescotti, sono così belle, ma così belle che non sembran neanche delle poesie)".
Ha paragonato Baldini a Puškin. Cosa li accomuna?
"Puškin usa una lingua di una semplicità stupefacente e muove dei contenuti di una profondità e di una finezza rare. Baldini anche lui. Come nel caso dei due libri precedenti, più che una biografia questo è dichiaratamente un romanzo, e chi la legge da tanti anni si aspetta di trovare la Battaglia, Togliatti, nonna Carmela che compare fin dalla prima riga del primo romanzo pubblicato".
Eppure, scrive, sua figlia, la sua compagna, sua nonna hanno molto a che vedere con Baldini. Vuole spiegarci come?
"Cito un pezzetto del libro, verso la fine: “Io ho l’impressione che leggere Baldini, dall’inizio alla fine, le poesie, e il teatro, significhi rivedere la tua città, la tua strada, i tuoi amici, le tue fidanzate, i tuoi treni, sentire la voce di tua mamma che ti chiede cos’hai, rivedere la prima panchina dove ti sei seduto con una ragazza, la prima volta che hai fatto una firma, quando hai giocato a nascondino da piccolo, la prima volta che hai visto la neve, tutti i coglioni che hai incontrato nella tua vita, tutte le volte che ti sei sbagliato, tua mamma, tuo babbo, tua nonna, i tuoi fratelli, le tue sorelle, la tua barista, la tua macchina, le tue partite a carte, le telefonate, quelle sere che telefonavi e se ti rispondevano o non ti sembrava che potesse cambiare la tua vita, i tuoi gatti, i cani di tuo zio, le chiavi vecchie che non aprono più niente, ma ti hanno aperto tutto, e che non ti azzardi a buttare via, e dopo che hai visto tutte queste cose, così precise, così vere, così tue e così di tutti, come fai a non parlarne? Come fai a non raccontarlo a nessuno, eh? Come fai?"
Vuole spiegare cosa c’entra Ricky Gervais con Baldini?
"Pochi giorni prima che uscisse il romanzo una mia conoscente mi ha chiesto, in russo, di cosa parlava, questo romanzo, e io, senza pensarci troppo, le ho risposto, in russo, che parlava di stupidità e di morte, e poi mi sono accorto che Chiudo la porta e urlo comincia così: “’La battaglia contro la coglionaggine comincia da se stessi’ scrive Raffaello Baldini. Lo scrive in un monologo, che si intitola La fondazione. E a me viene in mente quel che dice Ricky Gervais, che quando sei morto tu non lo sai, è doloroso solo per gli altri. La stessa cosa, dice, succede quando sei stupido. Ecco. Cominciamo pure“".
A un certo punto parla di un commento alle poesie di Baldini messe in scena da Ivano Marescotti, e al commento stupito di una spettatrice che dice “Sono così belle che non sembrano neanche poesie“. Forse abbiamo una visione della poesia come di qualcosa di noioso?
"Di questa cosa ho parlato con Vivian Lamarque, della quale conosco a memoria la poesia “Siamo poeti, vogliateci bene, da vivi di più, da morti di meno, che tanto non lo sapremo“. Mi ha detto che una volta era andata in una scuola elementare a leggere le sue poesie e a un certo punto un bambino ha alzato la mano e le ha chiesto: “Ma perché le chiama poesie, che si capiscono tutte le parole?“"